Un primo giorno low cost

Spesso mi hanno chiesto quanto possa costare un viaggio a Tokyo della durata di una decina di giorni o un paio di settimane.

Ovviamente ogni persona ha un portafoglio diverso, per cui è difficile da definire, ma diciamo che il mio è abbastanza piccolo pertanto quando organizzo un viaggio cerco sempre di consultare con largo anticipo non solo i voli ma le sistemazioni.

Per quanto riguarda i voli, successivamente la tragedia che ha coinvolto Fukishima molte compagnie aeree hanno iniziato a sviluppare campagne per incentivare il turismo verso il Giappone, proprio per questo dal 2012 ad oggi non ho mai superato la soglia dei 500 euro per un biglietto andata e ritorno. Proprio nel 2012 ho speso sui 460 euro per viaggiare con Alitalia+Aeroflot, sebbene ci fosse uno scalo è stato uno dei viaggi più confortevoli che io ricordi, da lì in avanti invece ho sempre colto le offerte di Alitalia di cui avevo precedentemente accennato.

E’ davvero sufficiente saperlo con qualche mese di anticipo e spendere cifre ragionevoli non sarà un’utopia!

Durante il mio secondo viaggio ricordo che il budget non era basso, era quasi zero, nonostante questo volevo assolutamente vivermi la città da sola per un periodo non inferiore al mese, motivo per il quale ho cercato tutti i modi possibili per risparmiare su ogni singola cosa.

La prima tra tutte:  la sistemazione.

A chi non piace stare in albergo? A me no. A meno che si tratti di brevi periodi tendo a preferire sistemazioni tipo appartamento o stanza in guesthouse. Essendo da sola ho optato per una stanza in una guesthouse nel quartiere koreano a 2 passi (davvero 4 minuti di camminata) dalla mia Kabukichou, che ricordo ancora col sorriso. Si trattava ovviamente di una sistemazione piccola ma all’interno della camera avevo tutto quello di cui avrei necessitato: un letto a castello (la parte superiore usata come armadio), un piccolo tavolino, un frigorifero, una cuociriso, un mini televisore e un balconcino privato. Servizi e cucina erano in comune ma fortunatamente mi sono trovata a condividere la casa con tutte persone carine che lasciavano sempre tutto pulito ed in ordine.

Soggiornare in guesthouse o appartamento permette di risparmiare notevolmente non soltanto sul costo dell’alloggio ma anche su quello del cibo: il potersi fare la spesa e prepararsi i pasti in maniera autonoma può rivelarsi fondamentale se si ha un budget limitato.

Dove e come fare la spesa merita un capitolo a parte, voglio invece soffermarmi su quello che sono i costi che si possono abbattere già solo in fase di pianificazione, ma teniamo sempre conto che si tratta di un parere ed un modo di vivere estremamente soggettivo, non ho la presunzione di consigliare nessuno…. tuttavia se volete spendere l’equivalente di 9 euro anzichè 32 per raggiungere il centro di Tokyo dall’aeroporto di Narita…. leggete ancora un pò!

Una volta arrivati in aeroporto ci sono diversi modi per raggiungere il centro cittadino o comunque uno dei tanti quartieri dove si andrà a soggiornare.

Il più comodo e veloce ovviamente rimane il Narita Express, tuttavia è bene sapere che esiste la linea Local della Keisei, che permette di arrivare ovunque con 1000 yen, si incrocia con la Yamanote line sia a Nippori che a Ueno e a mio avviso rimane la soluzione ideale se non si ha fretta, infatti tra tutto ci si impiegano quasi 2 ore! In realtà potrebbe volerci meno forse, ma ho l’abitudine, tra un cambio e l’altro di uscire a fumare e prendere una boccata d’aria…. magari ci scappa anche un caffè della vending machine per cui il mio tempo è sicuramente diluito rispetto a chi vuole raggiungere in fretta la meta.

Ma poi qual’è la meta? Per me è essere atterrata ed avere dinanzi a me giornate e nottate da trascorrere nei modi a me più congeniali.

Quell’anno dopo circa 2 ore di viaggio sono arrivata finalmente alla stazione di Shin-Okubo, sono uscita all’aperto e mi sono fiondata in quello che sarebbe diventato uno dei miei punti di riferimento per i pasti veloci ed economici: Yoshinoya! Una porzione di riso al curry media costa 350 yen. La qualità? Non peggiore del curry istantaneo che si può acquistare ovunque a poco meno; il locale è tendenzialmente piccolo e dopo aver consumato il pasto seduti al bancone si paga e si saluta. Non è una catena frequentata dai turisti nonostante il menu chiaro e con le immagini, ci si fermano quasi esclusivamente uomini soli, qualche volta in coppia ma non è un locale da convivio. Tuttavia lo adoro e mi trasmette un senso di sicurezza. La ragazza che lavorava in quello di fronte alla stazione aveva imparato a conoscermi e dopo avermi salutato mi chiedeva se volevo il solito Karee medio molto piccante: piccole cose che ti fanno sentire a casa in qualunque parte del mondo. Mi ricordo che una sera mi ci sono fermata dopo un’intera giornata in giro, ero stata ad un live (durante il quale ovviamente aveva diluviato e non avevo voglia di investire per un ombrello con tutti quelli che avevo in guest house) ed ero esausta ed affamata: quel piatto di riso al curry mi ha scaldata e rincuorata talmente tanto che prima di andarmene ho salutato con “Gochisou Sama Deshita”, destando lo stupore e la gioia del personale in turno. E’ soltanto una frase per ringraziare sentitamente per il pasto consumato, non la si usa spesso in questi fast food per cui gli sarà sembrato strano. Ma mi uscì dal cuore, pazienza se poi ne avranno riso una volta andata via.

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Il menu di Yoshinoya

Un’altra tappa fondamentale della giornata di arrivo di solito consiste nel fare un salto al 100 yen! Non mi sto riferendo a qualcosa di equivalente ai nostri “tutto ad un euro” , i 100 yen sono dei negozi che rischiano di farci uscire tutti in mutande se non prestiamo attenzione all’inserire nel cestello solo quello che ci serve davvero. E’ infatti successo più di una volta di arrivare alla cassa con 2 o tre cestelli ed essere entrata per un asciugamano e un paio di pantofole.

Questo perchè all’interno ci si trova davvero di tutto ed esposto in maniera divinamente invogliante. Tutti i casalinghi ai quali potete pensare più altri del quale non indovineremo mai l’uso, ma così belli e colorati che ci parranno indispensabili. Tutti gli articoli di cancelleria che da piccoli (ma anche adesso nel mio caso) avremmo sempre sognato. Asciugamani morbidissimi, prodotti per la cura della casa, della persona,  degli animali, delle bambole, dei vicini di casa. Cerotti per alleviare la cervicale, il mal di piedi, il mal di schiena.

E poi  la parte dedicata agli alimentari… tantissimo cibo istantaneo ma anche fresco, birra, bibite, caffè (a 100 yen!!!);  da qualche parte ho ancora la fotografia che feci al contenuto del mio frigo a poche ore dall’arrivo in guesthouse: conteneva 8 lattine di birra, 8 di caffè, uova e banane.

Ad ogni modo, il primo giorno cerco di non spendere più di 1000/1500 yen per l’acquisto di asciugamani, bagnoschiuma, spugne, detersivi per lavare, carta igienica, deodorante per vestiti antifumo e vivande. Di norma riesco nell’intento.

Quanto amo il momento in cui rientro nella mia stanza e con tutta calma mi sistemo il tutto, mi concedo una doccia ed inauguro una lattina di caffè freddo, chiamo casa e fumo una sigaretta sul balcone guardando la città che mi ha rapito il cuore.

E’ tramontato il sole, non c’è stanchezza ma solo ancora tanta adrenalina e voglia di uscire. Ho diversi amici e conoscenti in città ma è la prima sera, non è necessario fare grandi cose, va bene anche andare da sola a fare una passeggiata per poi fermarmi a bere una birra nel mio pub preferito di Kabukichou finendo poi con il trascorrerci le ore fino all’alba.

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Il mio pub e live house del cuore

A quel punto si: sono stanca pur non avendo magari sonno ma è comunque ora di rientrare in stanza ed è bellissimo farlo mentre il sole inizia ad albeggiare tingendo rischiarando il cielo di Tokyo, quel momento in cui sole e luna sono entrambi visibili. Fermarsi in un convenience store per una brioche o un kareepan da mangiare su prima di coricarsi, tirare le tende (possibilmente scure) dopo un ultimo sguardo alla città che non dorme mai e sospirare di sollievo un “arrivederci,  a tra qualche ora amore mio”.

Durante il mio primo viaggio avevo dormito pochissimo, non so se fosse la paura di perdere ore preziose di vita lì oppure il timore di risvegliarmi altrove.

Con il tempo sono migliorata leggermente da questo punto di vista, non mi riesce ancora di andare a letto presto nonostante talvolta la sveglia dell’indomani sia puntata inesorabilmente presto per impegni precedentemente presi. Ma ci sto lavorando.

Ciononostante è arduo assopirsi in una metropoli costantemente sveglia.

PS: ho cercato disperatamente una foto del 100 yen scattata da me, purtroppo dovevo essere troppo presa dallo stato confusionale e compulsivo da non averne scattata nemmeno una. Rimedierò a settembre.

Di seguito una foto ufficiale del centro commerciale Subnade.

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il Daiso di Shinjuku

 

Il giorno della Partenza

Passata l’adrenalina del giorno in cui acquisto il biglietto, terminata non soltanto la lista di cosa mettere nei vari bagagli ma anche l’onere di farli,  non resta che attendere l’ora X nella quale uscire di casa.

Sin da bambina i viaggi mi hanno sempre emozionata al punto tale di non riuscire minimamente a dormire durante la notte precedente, e non ha mai avuto importanza il fatto che si trattasse di una vera e propria vacanza o di una semplice gita di un giorno al parco acquatico.

A maggior ragione se si tratta del Viaggio dell’Anno, anche qualora riuscissi a prendere sonno mi ritrovo comunque in piedi alle 5 della mattina pronta per accendere la macchina dell’espresso (il primo di una lunga serie), seguito immediatamente da sigaretta e 20 gocce di Xanax.

I tranquillanti non vanno in conflitto, servono soltanto a placare l’ansia da volo. Già, io sono immensamente terrorizzata all’idea di volare. Non mi piace, ho sempre la paura di qualche catastrofe imminente e il mio unico obiettivo della giornata, a parte pranzare dopo il check in è quello di rimanere inscosciente per quelle 12 ore di sospensione. Quindi le prime 20 gocce di Xanax mi servono a placare l’eventuale tachicardia in agguato.

Dopodichè la prova valigia: provo a sollevarla per capire se sarò in grado di trasportarla agevolmente per le strade di Kabukichou una volta arrivata per rendermi conto puntualmente che no, è troppo pesante: ne segue apertura e sfoltimento fino al raggiungimento dei 19 kg che so essere in grado di trasportare. Perchè non pesarla la sera prima? Ci penso ogni volta, ma sono un’ottimista per natura e pertanto convinta di averla preparata come si deve. Nella mia vita non ci sono mai riuscita… ma perchè perdere l’ottimismo?

Segue fotografia della combinazione (è a prova di ladruncolo improvvisato ma io non sono brava nel ricordare i numeri) e seconda colazione al bar sotto casa.

Voi vi fate belli per i viaggi? Talvolta guardo le immagini di chi si appresta a partire, selfie splendidi e trucco impeccabile, tanta invidia da parte mia che non vado oltre alla crema idratante, un cappello e gli occhiali da sole.

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Partenza del 2016…ma tanto parto sempre vestita uguale.

Da casa mia si potrebbe raggiungere comodamente l’aeroporto di Malpensa con il trenino, velocemente e senza intoppi dovuti al traffico, acquistando comodamente il biglietto on line e tante altri aspetti positivi.

A me piace il Malpensa Shuttle, il bus che parte dalla Stazione Centrale, pertanto prediligo la strada più lunga e perigliosa, anche perchè adoro fermarmi a bere un caffè alla “modica” cifra di 2 euro seduta ai tavolini del bar Motta sul Piazzale della Stazione, proprio di fronte ai bus.

Arrivata in aeroporto seguono altre 20 gocce di tranquillante a scelta tra Lexothan e Valium (di norma Valium, il lexothan è dolce e mi piace quindi tendo a tenerlo per ultimo) mentre pranzo in quello che io definisco “il Nessun Dove” senza che Neil Gaiman ne abbia a male. Una volta fatto il check in (dove mi devo accertare almeno due volte di non avere assolutamente il posto vicino al finestrino) e passati i controlli doganali amo pranzare in quella sorta di limbo, mi da la sensazione di essere in una terra di tutti e di nessuno, come sospesa, si tratta di un punto di vista molto personale e difficile da spiegare, ma è come se tutto il mondo fosse in qualche modo esterno; forse il termine “sospensione” è quello che più si avvicina allo stato d’animo che mi appartiene in quel momento.

Una volta salita a bordo e occupato il mio posto lato corridoio (mi terrorizza l’idea di svegliarmi e scorgere il panorama oltre il finestrino, concretizzerebbe maggiormente il pensiero del volo e mi manderebbe in panico) mi allaccio stretta la cintura di sicurezza e chiedo gentilmente al personale di bordo un bicchiere d’acqua al fine di buttare giù le ultime 20 gocce che mi abbatteranno definitivamente.

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Scattata a tradimento

Volare in mia compagnia non è piacevole.

Sebbene i farmaci mi tramortiscano rendendomi un’ameba ci dev’essere una parte di me estremanemte molesta e fastidiosa. Soffro di un lieve disturbo del sonno che spesso mi fa parlare a caso, inoltre russo e, lo ammetto… nelle fasi di sonno profondo tendo a sbavare un pò, sopratutto se ho preso delle gocce. Inoltre nei rari momenti in cui sono cosciente reclamo cibo, possibilmente un biscotto Grisbì alla nocciola; ma spesso lo reclamo anche nel sonno. Inoltre nonostante io dorma per quasi 13 ore ininterrottamente riesco a fiutare il carrello del pranzo o della merenda ancora prima che si affacci al corridoio. Non so come sia possibile, eppure capita che io apra gli occhi all’improvviso e fiuti l’aria suscitando lo stupore di chi mi sta di fianco e si domanda come possa io svegliarmi esattamente un minuto prima del pasto. Non lo so effettivamente, dev’essere una compensazione di poteri magici che bilancia il mio senso dell’orientamento.

Inutile dire che dopo aver mangiato prendo altre 10 gocce e torno nella mia fase rem.

In volo non bevo caffè (13 ore senza caffè, non dico altro), nemmeno tè od altre bevande contenente caffeina come la Coca Cola, solo succo di frutta e acqua. Questo perchè sono una fumatrice e ciascuna delle bibite sopra elencate richiamerebbe una sigaretta che non potrei concedermi.  Pertanto niente atti masochistici, si torna a dormire sereni fino all’atterraggio.

Sono una di quelle che seppur non batta le mani ad atterraggio avvenuto dentro di se scatena un applauso scrosciante!  Non appena sento le ruote dell’apparecchio posarsi sulla terra ferma ringrazio tutte le divinità di tutti i credi e tutto l’effetto narcotizzante si vaporizza.

Di norma si arriva a Tokyo in mattinata, tra le 9 e le 10 con i voli diretti. Ormai conosco bene Narita, fingo di non sapere nemmeno una parola di giapponese durante i vari controlli, altrimenti si insospettiscono e fanno mille domande alla vista dell’ennesimo timbro sul passaporto:  l’ultima volta mi hanno chiesto di esibire la prenotazione dell’alloggio ove sarei stata ospitata, ero talmente rintronata che ho mostrato loro la prenotazione di un concerto.  Ultimamente mi chiedono se sono per lavoro, studio ecc. Rispondete sempre con un Holiday e non sbaglierete.  Diverso invece il controllo quando si tratta di lasciare il paese del Sol Levante, non vedono l’ora che si levino le tende e normalmente non fanno domande.

A questo proposito mi domando cosa mi diranno a fine ottobre. Già, perchè il mio prossimo viaggio sarà a metà settembre per 2 settimane, poi un mese a Milano e successivamente si riparte per un altro mese. Mi chiederanno se ho dimenticato qualcosa…. in tal caso risponderò di si.

Una volta arrivata nella zona relax indovinate un pò: caffè e poi via verso la smoking area dopo aver settato il wi-fi dell’aeroporto.

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La prima vending machine di Narita

A tal proposito sappiate che è facilissimo: abilitate il wifi, aprendo una qualunque finestra del browser comparirà una schermata in giapponese, in alto a destra scritto piccolo piccolo troverete “english”, da lì date due volte l’ok e sarete collegati perfettamente.

In merito invece alla smoking area di Narita: la prima volta mi ricordo che corsi fuori convinta di ritrovarmi sul marciapiede con altri dodici tabagisti reduci da astinenza forzata….. e invece il nulla. Nessuno, solo taxi e pullman. Nemmeno un posacenere. Al che bisogna guardarsi intorno e…. come per magia si scorgeranno 2 gabbiotti, uno a destra ed uno a sinistra di circa 2 metri per 4.

Ma le smoking area meritano un post dedicato, probabilmente il prossimo!

Sono arrivata, non resta che scegliere se spendere 3500 yen per raggiungere il cuore di Tokyo in poco più di un’ora o spenderne 1000 e metterci un paio d’ore.

 

 

 

I misteri di Ikebukuro

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Il mio primo viaggio a Tokyo risale ormai a diversi anni fa, ed in quella occasione ho soggiornato in una stanza proprio ad Ikebukuro. Dalla volta successiva mi sono sempre occupata personalmente della ricerca di alloggio, inserendo come parola chiave “Shinjuku-Kabukichou”.

Ikebukuro è meravigliosa, la sua stazione ferroviaria è fornita oltremisura, non ricordo esattamente quante linee si intersechino ma stiamo parlando del secondo snodo ferroviario più grande al mondo (ed ignoro quale sia il primo ma non mi vedranno mai).

Ikebukuro è fantastica: locali, bar, karaoke, love hotel, ristoranti e convenience store aperti 24 ore; numerosi negozi per lo shopping di qualsiasi tipo, da qualche parte c’è persino un parco (che non ho mai trovato).

Ikebukuro è sicura: si può girare a piedi a qualsivoglia ora del giorno e della notte in totale sicurezza, i passanti sono gentili e disponibili nel fornire informazioni ed indicazioni (non tra le 8 e le 9 del mattino, a quell’ora difficilmente si fermeranno ad ascoltarvi, ma se vi capitasse ringraziateli a dovere, io avevo sempre con me qualche caramella e cioccolatino).

La stazione di Ikebukuro non è una stazione bensì una città con all’interno supermercati, ristoranti, librerie, fiorai, negozi di abbigliamento, borse, scarpe… il tutto ovviamente su più piani, i bagni sono sempre pulitissimi e ben visibili e ci sono indicazioni per tutto (perfettamente comprensibili) che indicano le varie uscite e direzioni.

Questi sono dati obiettivi ed inconfutabili, nessuno vi dirà mai qualcosa di diverso in merito a questa splendida parte di Tokyo.

Tuttavia….

Ikebukuro è il mio personale inferno, un buco nero dentro al quale una volta entrata non riesco più ad uscire; ed intendo in senso letterale: non riesco nemmeno ad uscire dalla metropolitana il più delle volte, e quando finalmente arrivo allo scoperto ho ovviamente preso l’uscita sbagliata pur seguendo le indicazioni, ritrovandomi così in una parte totalmente nuova e sconosciuta alla ricerca disperata di una smoking area dove fermarmi con calma a fumare una sigaretta e consultare google maps. Cosa che non so fare… per cui se sono sola chiamo la mia socia su Line (il fuso orario? dettagli) e le chiedo di farmi da navigatore.

Mi ricordo con estremo imbarazzo le rare occasioni di quel primo viaggio in cui mi sono ritrovata ad uscire da sola. Una notte non riuscivo a dormire così sono uscita in cerca di un bar aperto, gli svincoli erano troppi e continuavo a girarmi per controllare che l’insegna luminosa della Sakura house fosse ancora lì, alla fine mi sono arresa e sono tornata indietro prima che le strade cambiassero come le scale di Hogwarts e ho finito col passare la notte al caffè dell’albergo che ci ospitava.

Una mattina dovevo andare in posta a prelevare, la mia Amica mi spiegò la strada e disegnò una mappa dopo la mia espressione perplessa al suo “esci dall’hotel, vai dritto e gira alla prima sulla destra”. La posta la trovai… ma ci misi 40 minuti a ritrovare l’hotel.

Questo perchè ad Ikebukuro le strade mutano non appena cambia la visuale, ne sono assolutamente certa. Basta voltarsi a guardare una vetrina un istante e la strada alle nostre spalle è cambiata, magari addirittura è scomparso un palazzo.

La mattina dell’11/11/2011 diluviava, solo in seguito scoprii che ci sono eventi che senza pioggia non potrebbero definirsi tali; dovevo recarmi a Shinjuku per un concerto (che si sarebbe tenuto solo la sera, ma da brava italiana volevo essere fuori dalla live house quelle 9 ore prima “perchènonsisamai”), oltretutto sarebbe stato il primo live della Voce per cui non avevo dormito nulla, ero emozionatissima, ero salita su quel volo essenzialmente per quello e volevo solo correre verso quello che sarebbe diventato il Mio quartiere nei viaggi successivi.

La mia amica aveva 38 di febbre e mi avrebbe raggiunta solo successivamente, per cui ottimista e spavalda mi sono lanciata fuori dall’albergo con la mia mappa verso la stazione, da lì sarebbero state solo 4 fermate, ce l’avrei potuta fare. Si, a prendere il treno ce la farebbe chiunque, oltretutto quelli che vanno in direzione Shinjuku sono sempre contrassegnati chiaramente, il problema fu raggiungere la stazione. Ci misi qualcosa come 45 minuti fermandomi a chiedere a non so quanti passanti, uno di questi dovette aver visto la disperazione sul mio volto affranto, così senza saper dire una parola di inglese (io a quei tempi di giapponese sapevo solo “sumimasen” e poco altro che non è opportuno rivelare al momento) mi accompagnò gentilmente fino all’ingresso della Stazione. Ero commossa, gli regalai un cioccolatino per ringraziarlo e corsi via perchè ormai erano quasi le 11 della mattina e mancavano solo 8 ore all’inizio del concerto.

Il seguito della giornata merita un post differente, volevo tuttavia rendere l’idea di quanto possa essere difficile girare per questo quartiere dalle mille porte dimensionali.

Ricordo che un giorno all’interno della stazione avevo trovato una libreria splendida, una di quelle a più piani che in Italia non sono mai esistite, qualcosa come 8 piani divisi per settore ed argomento, uno dei negozi più belli nei quali io mi sia mai imbattuta. Sono passati anni da allora, ma non sono più riuscita a ritrovarla. Ho pensato che avesse chiuso e puntualmente ogni volta che mi ritrovo a passare per un motivo o per l’altro da Ikebukuro prendo una mappa della stazione, individuo la libreria dei miei sogni ma dopo 40 minuti di ricerca normalmente mi arrendo e prendo un’uscita a caso in cerca della prima smoking area.

Fortunatamente la stessa libreria esiste anche a Shinjuku, tuttavia mi lascia un pò di amaro in bocca che quella che ho scoperto per prima ami giocare così tanto con le porte dimensionali.

Di seguito un estratto della mappa di zona, il lettino indica chiaramente dove alloggiavo, mentre quell’enorme parte viola azzurra è la stazione, la strada sembrerebbe quasi facile a vedersi: avanti un pezzettino, poi si gira a destra su una strada principale ed infine ad un incrocio grandissimo di nuovo a destra.

 

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Estratto della mappa di zona

Potrei raccontare molti altri aneddoti e disavventure legati a questa zona, tuttavia credo di aver reso l’idea, ma sopratutto la sensazione di sconforto ed impotenza che questa parte della città mi riesce a trasmettere ogni volta. Mi rendo conto che possa risultare qualcosa di ironico, ma davvero in qualche occasione mi sono sentita totalmente persa, Ikebukuro è ad oggi l’unica zona che mi faccia sentire lontana e sola. Trovo poi conforto se scorgo una catena di Caffè che frequento abitualmente, come il Becks o l’Excelsior, mi ci fiondo dentro e riprendo fiato. Nonostante io ami le bambole ed un certo tipo di collezionismo credo di non aver mai trovato il famoso Mandarake di questa parte. Ho poi scoperto di non essere l’unica persona con questo problema, evidentemente si tratta di assenza di poteri magici.

Dopo quella prima volta ho capito che il senso dell’orientamento non è propriamente una virtù che mi appartenga, pertanto ho accettato la sconfitta, non avendo bussole d’oro e vari poteri di localizzazione mi sono orientata verso zone a me più congeniali.

Mi piacerebbe leggere di altre esperienze ed opinioni in merito, e magari fare una statistica!

 

 

 

Un biglietto per Tokyo

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Devo partire leggera… e lo zaino è quasi vuoto.

Ogni volta che acquisto un biglietto per Tokyo mi ritrovo con le lacrime agli occhi subito dopo aver ricevuto la mail di conferma dalla compagnia aerea di turno.

Ogni volta, già, nonostante i 7 timbri già impressi sul passaporto… ogni qualvolta il nuovo viaggio si concretizza l’emotività prende il sopravvento.

Le ore che precedono il fatidico “click” spesso sono agitate, con quella sensazione elettrica nell’aria, non ne capisco mai appieno il motivo e quando accade non ho nemmeno ancora guardato le offerte del giorno; semplicemente mi risveglio così: con una leggera tachicardia che non definirei tuttavia negativa. I giapponesi forse userebbero il modo di dire “waku waku”, che per quanto difficilmente traducibile rende bene l’idea come onomatopeica. In quelle ore c’è qualcosa di diverso, inappetenza e tanta, tanta voglia di caffeina. E dopo una tazza di caffè nero bollente con totale noncuranza finisco su un portale di viaggi mettendo il solito “Milano – Tokyo” e delle date plausibili, magari nel frattempo sto fumando la mia Chesterfield rossa alla finestra e non sono ancora totalmente sveglia, semplicemente ho già sfogliato twitter e facebook, visto le news ed ancora intorpidita mi imbatto in un “Milano – Tokyo” 476 euro.

Controllo meglio, pensando si tratti del solito volo con 4 scali per un totale di 72 ore.

No, si tratta di un diretto. Preparo una seconda tazza di caffè, mando lo screenshot della schermata a chi mi conosce bene e accendo il computer. Da qui il passo è veramente breve: essenzialmente organizzativo ma il modo si trova, si insomma era in preventivo no? A questo prezzo meglio approfittare subito, te li anticipo io, lascio la carta di credito a casa, non preoccuparti sulla postepay ci sono.

La giornata prosegue con dosi massicce di caffeina, forse troppa, ma l’adrenalina ne chiama altra ed il batticuore non ha voglia di indugiare nemmeno se male non farebbe, anzi. Ci si deve vedere, parlare, anche se non si partirà insieme, si deve pianificare, guardare le date, cercare case, e sopratutto…. devo avere gli auricolari ben inserite ed ascoltare la mia Voce preferita qualsivoglia tragitto io stia percorrendo. In questa giornata non soffro l’autobus e non ho fretta, i semafori non mi turbano, le biciclette sul marciapiede che suonano il campanello posso anche lasciarle passare, il moccioso che urla come un aquilotto abbandonato sul tram è messo a tacere dai decibel sbloccati del mio lettore mp3 e si…. la mia soglia di tolleranza verso il prossimo si alza a livelli tali da farmi risultare quasi simpatica se non mi si conosce da troppo tempo.

Ho sempre l’agenda con me, adoro gli organizer che acquisto di volta in volta a Tokyo e finisco con il riempire quasi tutte le pagine, ma la cosa che amo di più è fare l’elenco di cosa inserire in borsa, bagaglio a mano e valigia.

Borsa: passaporto, portafoglio italiano, portafoglio giapponese contenente yen avanzati dal viaggio precedente (di norma pochi… il più delle volte si tratta di spiccioli ma se ho i 100 yen per il primo caffè una volta atterrata posso già ritenermi soddisfatta), caricabatterie del telefono, documenti di viaggio, mascherina coprente per gli occhi, xanax, valium, lexothan, sigarette, accendino, una bambola.

Bagaglio a mano: Pantoufle (un coniglio di pelouche di medie dimensioni), cuscino poggiatesta, computer, caricatore pc, console portatile e relativo caricatore (che puntualmente non accendo quasi mai, tuttavia se la lasciassi a Milano si rivelerebbe poi indispensabile, quindi la porto sempre!)

La mia lista è la medesima ogni volta, indipendentemente dalla stagione, eppure sento il bisogno di stenderla ogni volta, forse è ciò che rende concreto il pensiero.

C’è poi la lista dei regali da portare…. e questa ahimè si che varia ogni volta. Tendenzialmente si allunga di viaggio in viaggio poichè se inizialmente non conoscevo nessuno (e tuttavia avevo uno zaino di regali per la Voce), ormai un pò di contatti li ho, pertanto oltre alla lista di cosa portare segue la lista degli amici da incontrare e cosa fare con loro. Sembrerà eccessivamente meticoloso tutto questo, ma se c’è una cosa che ho imparato dai miei amici oltreoceano è proprio l’importanza della pianificazione. Magari non nei dettagli minuto per minuto, ma dal momento che quella che per me è una quasi vacanza per loro è una giornata/serata/nottata ritagliata da massacranti turni lavorativi: è una forma di rispetto stabilire la data ed il luogo con un discreto anticipo e sopratutto rispettarla.

Tornando alla giornata dell’acquisto del biglietto invece…. normalmente si conclude con una (qualche) birra alle colonne di San Lorenzo, perchè va celebrata. Tendo a celebrare molti eventi, lo ammetto, ma il biglietto che mi farà fare scalo a Narita verso le 10 della mattina è qualcosa che non mi permette di tornare semplicemente a casa dopo una giornata di lavoro. Vuole di più… e tendenzialmente quella notte non riesco nemmeno a dormire. Come? L’eccessiva dose di caffeina assunta durante la giornata che si fa sentire? Nah… spesso bevo un caffè dopo cena e non ho nessun disturbo del sonno.