Le Bugie del mare – Kaho Nashiki

In un momento come questo, dove taluni viaggi ci sono ancorapreclusi, la letteratura è diventata una valvola di sfogo importante; mai come in questo momento il non poter pianificare mi risulta quasi doloroso, mi ritrovo così a ricercare nuove esperienze per sopperire una fase (spero di transizione) tanto incerta.

L’approccio con le prime 40 pagine di questo romanzo non è stato tra i più semplici e coinvolgenti, tanti nomi per me difficili di fauna, flora e tradizioni, un inizio quasi accademico che in un paio di punti mi ha portata a pensare “ma succederà qualcosa adesso? …ma quindi?…” 

Siamo negli anni 30, in un isola nel sud del Giappone. Akino vi si reca per un viaggio di ricerca sul territorio e le tradizioni, ma quello che si ritroverà a fare, forse inizialmente inconsciamente, è un viaggio interiore, una profonda riflessione sull’esistenza in un momento tanto delicato per lui, che ha da poco perso, a breve distanza l’uno dall’altro, entrambi i genitori nonché la fidanzata.

Osojima, questo il nome dell’isola, rappresenta un micro universo a se stante, ancora parzialmente incontaminata dal mondo moderno, i ritmi sono lenti, seguono le ore e le stagioni. 

Stupisce che chi abita in montagna non conosca le spiagge e chi le abita, ma siamo ancora in mondi nei mondi, dove le distanze apparentemente più brevi richiedono comunque ore di cammino attraverso sentieri non battuti quotidianamente e pertanto impervi. Dialetti differenti da una parte all’altra dell’isola che necessitano di interpreti locali, tradizioni radicate ed una dolorosa guerra religiosa terminata da poco, che ancora lascia il segno sui figli dell’isola.

Ma il cerchio si chiude molti anni dopo questa esperienza quasi mistica, quando, a distanza di 50 anni, con le guerre ormai lontane il nostro Akino tornerò ad Osojima chiedendosi se quella settimana non fosse il frutto di un sogno.

Se apprezzate Miyazaki sarà come leggere la sceneggiatura di un suo film, non mi sorprenderebbe infatti se un’opera dello studio Ghibli venisse tratta da questo romanzo.

Sarà come un viaggio nel paradiso perduto, o se preferite in una sorta di città incantata dove la magia vi sfiorerà come una brezza senza lasciare prove tangibili. Una nebbia delicata, un miraggio…. O semplicemente una Bugia del Mare.

Dettagli

Autore: 

Kaho Nashiki

Traduttore: 

Gianluca Coci

Editore: 

Feltrinelli

Collana: 

I narratori

Nostalgia [coming] out

La nostalgia non è necessariamente un sentimento sfumato, talvolta arriva come uno schiaffo ma in quel momento non la si riconosce come tale. 

In questi mesi, in cui i miei post si sono limitati a recensioni di alcuni libri letti, sono accadute molte cose, sia a livello personale che lavorativo, ovviamene ne sono successe a livello mondiale e chi segue questo blog sicuramente ha in comune la passione o la curiosità nei confronti del Paese del Sol Levante che, come sappiamo, ha ormai chiuso da oltre un anno i suoi confini turistici.

Quando sono partita per quattro fugaci giorni a gennaio 2019 ho messo il mio decissattesimo timbro ma avevo già in tasca un biglietto per fine aprile, certo non pensavo che si sarebbe trasformato in un voucher che ad oggi non so ancora quando potrà essere utilizzato.

Mentre scrivo mi lascio trasportare dalle note del mio artista preferito, pertanto non so in quale direzione potrà virare con esattezza il contenuto di questo articolo, vediamola come uno sfogo temporaneo.

Mi sono arrabbiata così tante volte in questi mesi, incapace di contrastare il senso di frustrazione, ed altrettante mi sono detta “Adesso è così, non puoi cambiare lo stato delle cose ma puoi vivere il momento e accettare, ottimizzarlo senza aspettare necessariamente qualcosa che potrebbe succedere”.

Mi sono ritrovata a pianificare il “prossimo viaggio” almeno una decina di volte, pensando che sarei dovuta assolutamente tornare in quel caffè nascosto di Harajuku e poi a cena di fronte al palazzo del governo a Shinjuku. 

Ho pianificato giri mirati agli acquisti inerenti il lavoro, gli eventi ai quali partecipare ed eventuali piccoli investimenti da effettuare. 

Ho pianificato persino il trattamento lisciante alla keratina da applicare prima di partire per evitare che l’umidità mi rendesse prossima ad un cagnolino bagnato al primo sentore di umidità.

Gli incontri con gli amici che non vedo da tantissimo tempo, la mia “nipotina” acquisita ha un anno mezzo ed io avrei dovuto conoscerla e spupazzarmela prima dei tre mesi, adesso trotterella ed è una pagnotta. 

Normalmente a settembre pianifico il calendario sia lavorativo che i viaggi da ottobre e per tutto il primo semestre dell’anno successivo.

La realtà è un’agenda vuota. 

Un’agenda intonsa che pesa quanto una Smemoranda dei tempi del liceo pur essendo priva di contenuto. 

Credo che in tutti questi mesi ciò che più mi abbia destabilizzata sia stata proprio questo, unito al fatto che il mio lavoro è essenzialmente sociale, pur svolgendolo in solitudine e tranquillamente nel tanto in voga “smart working” per il 70 per cento, vi è tutta una parte legata ai meeting ed eventi che è venuta totalmente a mancare. Capire cosa vogliano i clienti e non potercisi relazionare personalmente si è rivelato molto complesso.

Ho cercato di sorridere e pensare almeno una volta alla settimana che i problemi seri erano altri, che comunque sono nata in una delle parti più fortunate del mondo e che anche circa l’epoca non ho effettivamente nulla di cui lamentarmi seriamente.

Si certo, mi mancano i concerti, tuttavia non saranno mica queste le serie preoccupazioni, semmai grattacapi da poco.

Così, a settimane alterne l’umore virava da una serena accettazione ad una scalpitante sofferenza.

“Smettila di pianificare, aspetta e poi farai”

“Si ma dai, almeno l’evento di settembre posso metterlo giù”.

Fino al 3 di giugno, mattina in cui guardavo gli orari dei voli da prenotare a mia madre che avrebb raggiunto mio padre in Sicilia per il periodo estivo.

Pregustavo quel 3 giugno da settimane, avrebbero rilasciato finalmente il nuovo film di Sailor Moon su Netflix e avrei passato una giornata fantastica con i miei affetti più cari tra cui un amico meraviglioso di lunga data e che ho incontrato quasi 20 anni fa proprio grazie al comune amore nei confronti dell’animazione.

Un pranzo alla mia amata rosticceria giapponese G81 di Corso Garibaldi e una serata a base di strong al pompelmo rosa e Sailor Moon.

La sera la chiamata di mia madre e l’improvvisa scomparsa di mio papà. Il giorno dopo ero in volo verso Catania con il cuore irrimediabilmente spezzato.

Se dicessi di stare bene adesso mentirei, tuttavia ho ancora una famiglia ed ho ancora me stessa, e la mia vita, fintanto che mi sarà concessa. 

Pertanto oggi riacquisterò una nuova agenda, probabilmente non sarà fitta di attività a lungo termine, ma ci sono così tante cose da fare anche nel breve termine ed io voglio viverle e vivere.

Non conto i giorni passati a rotolarmi sul divano pensando “dovrei leggere, dovrei studiare, dovrei rispondere ai messaggi, dovrei pulire, dovrei fare la spesa, dovrei …dovrei…tra 10 minuti”.

Credo sia normale concedersi un po’ di sana noia ma sono il tipo di persona che non si annoia mai, nemmeno quando sta ferma.

Ho persino rifuggito l’ascolto della musica quando in realtà sapevo mi avrebbe fatta stare meglio.

Il fatto è che talvolta è così facile crogiolarsi nel proprio malessere e tutto il resto sembra così dannatamente faticoso.

Ma pur essendo un individuo a se stante ho degli affetti a cui non posso negare il mio benessere perché infondo siamo tutti collegati e sono consapevole che la loro tranquillità dipende in parte da me. 

Non si tratta di forza, nemmeno di responsabilità, ma banalmente di amore credo.

Continuerò a sentire la mancanza di mio padre ma utilizzerò la sua fotocamera allo sfinimento.

Soffrirò la nostalgia di Tokyo fintanto che non potrò partire ma fino a quel momento ho i miei adorati libri e la musica, posso leggere, recensire e viaggiare con la mente.

Devo riprendere a studiare giapponese, non “da lunedì” ma da adesso. No, non devo: voglio.

Così come voglio riprendere a mangiare nella maniera in cui mi fa sentire davvero meglio.

Prendermi cura di me e volermi bene perché lo merito, e lo merita chi mi sta intorno, persone vicine ma anche clienti e conoscenti, partner lavorativi e persone con cui mi relaziono anche solo per bere un caffè al bar.

Con i miei tempi, i miei ritmi, non sarà mai quella che si alza la mattina presto per seguire una tabella di marcia serrata, non sono nemmeno in grado di ottimizzare i tempi e ho costantemente bisogno delle mie pause sigaretta.

Vorrei anche sistemare questo blog in modo che i vari post siano più facili da individuare ma non credo di esserne in grado, non da sola almeno…. La tecnologia ed io viaggiamo su due binari paralleli che difficilmente si incontreranno in questa vita, sono una di quelle che ha un IMac ed un IPhone perché sono rosa ma ne sfrutta una percentuale esigua del loro potenziale. 

Una cosa alla volta, convivendo con le soddisfazioni e la malinconia che fanno parte del mio essere viva. 

Lo Studio Alta sarà ancora davanti ai miei occhi un giorno e so già che si colmeranno di lacrime suscitando l’ilarità di chi sarà con me in quel momento. Pazienza, io sono quella che piange ai concerti.

Piango anche con i videogiochi, a settembre uscirà Lost Judjment e sto già covandolo!!

Credo che questo post sia il risultato di un connubio voce (di Yukiya Fujita ovviamente) e ice coffee (ho finalmente trovato un posto a Milano dove lo fanno esattamente come piace a me)

“Forse dovevi continuare a non ascoltare l’uomo nero così ci evitavi questo pippone”. 

Domani posterò la recensione di “Le Bugie del Mare”.

Mi rimangono ancora 4 giorni di vacanza ed ho intenzione di gustarmeli appieno!

Basta un caffè per essere felici – Toshikazu Kawaguchi

L’autore del pluripremiato “Finchè il caffè è caldo” torna a regalarci delle nuove magie accarezzando delicatamente il nostro cuore e, perché no, consolandolo e provando a darci spunti per superare momenti difficili, dolori irrisolti e perdite inconsolabili.

Se è vero che pur tornando nel passato il presente non può essere cambiato, è altresì vero che che il nostro futuro potrà essere diverso da quello che ci eravamo prospettati. Sembra un’equazione difficile eppure è tutto lì, nella durata di un caffè che ci permette.

Le regole sono rimaste invariate:

1. Sei in una caffetteria unica e speciale, aspetta che la Signora vada in bagno, lo fa una volta al giorno
2. Siediti e attendi che il caffè ti venga servito.
3. Tieniti pronto a rivivere un momento importante della tua vita.
4. Mentre lo fai ricordati di gustare il caffè a piccoli sorsi e non alzarti dalla sedia.
5. Non dimenticarti la regola fondamentale: non lasciare per alcuna ragione che il caffè si raffreddi.

Potenzialmente questi libri potrebbero essere infiniti, e l’autore potrebbe raccontarci tante altre storie che si svolgono in questa piccola caffetteria dove il tempo assume un significato diverso, i cellulari non prendono ed ognuno ha una vita di cui ci mostra generosamente qualche sprazzo.

Personalmente sarei curiosa  di leggere altre storie e vedere come cresce la piccola Miki, ma nulla ci vieta di rileggere queste piccole perle se ne sentiamo la mancanza.

Proprio come il precedente, anche questo libro ci regala una boccata di positività pur commuovendoci, inoltre approfondiamo la conoscenza di chi vive e lavora all’interno del caffè, la verità circa la Signora in Bianco e molto altro.

Vi consiglio di leggere comunque prima “Finchè il caffè è caldo” se non lo avete ancora fatto, perché sebbene le vicende qui siano legate a persone diverse, andiamo davvero ad approfondirne di note!

Per tutte le età, per tutti coloro che hanno una piccola o grande ferita, per tutti, davvero, perché dopotutto, chi non ha di tanto in tanto bisogno di un buon caffè?

Autore:

Toshikazu Kawaguchi

Traduttore:

Claudia Marseguerra

Editore:

Garzanti

Collana:

Narratori moderni

Anno edizione:

2021

Aki Shimazaki – Terzo ciclo

Mi ero ripromessa di attendere la pubblicazione completa di questa nuova pentalogia di Aki Shimazaki, tuttavia l’estate spesso porta con se una bramosia tale di viaggiare laddove ora non è possibile andare… per cui lei ho ceduto ed acquistato quelli editati ad oggi!

Azami, Hôzuki e Suisen sono scorrevoli e delicati, perfettamente coerenti allo stile di lettura cui la Shimazaki ci ha abituati ( dopo Il peso dei segreti e Nel cuore di Yamato ), potremmo definirla minimalista ma onestamente credo che l’aggettivo che più si avvicina sia essenziale.

Nel momento in cui ci immergiamo nella lettura viviamo la parte di storia narrata dal punto di vista del protagonista, diverso ogni volta sebbene legato al precedente e successivo, in ogni libro ci facciamo un’idea degli altri personaggi ed è sorprendente, non appena apriamo il testo successivo, scoprire il pensiero e le motivazioni di qualcuno che avevamo giudicato diversamente, proprio perché raccontatoci da un’esperienza differente.

Quello che apprezzo da sempre in questa autrice è il suo non essere giudicante, il giudizio viene lasciato al lettore qualora abbia voglia di averne uno, ma non è strettamente necessario. Personalmente quando mi appresto alle sue letture preferisco immaginarmi seduta sulle sponde di un fiume mentre sfoglio delle immagini che non hanno bisogno del mio “che bella, che brutta, questa inquadratura l’avrei fatta diversamente” e via discorrendo. Semplicemente posso guardarle per quello che sono, prendere atto e custodire dentro di me una nuova esperienza che non ha bisogno di una valutazione esterna.

Spesso quando leggiamo un libro o guardiamo un film si può aprire un dibattito con se se stessi o con altri circa quali personaggi abbiamo preferito, quali azioni non abbiamo condiviso, quali scelte non ci hanno convinto: è perfettamente normale.

Tuttavia ho imparato che spesso chi racconta una storia non ci sta chiedendo un’opinione, “la nostra” non è sempre fondamentale, anzi forse prima di esprimere giudizi e dispensare consigli dovremmo di tanto in tanto fermarci un istante e domandarci se sia necessario. Evitare il conflitto, evitare di ergersi ad esperto di qualcosa, evitare di dare un peso alla nostra esperienza come se ne avesse più di altre.

Ed è con questo piccolo consiglio che invito alla lettura di questi libri, nell’ordine sopracitato.

I prossimi saranno disponibili ad ottobre 2021 e febbraio 2022, li attendo con ansia e vista la scorrevolezza di questi tre non escludo una rilettura dall’inizio, si lasciano veramente terminare nel giro di qualche ora.

Perché non sto raccontando nel dettaglio la trama? Perché a mio avviso non serve, e se deciderete di acquistarli basta scorrere la terza di copertina, se avete voglia di una lettura piacevole, scorrevole, ma non per questo dai temi leggeri, che vi tocchi alcune corde senza scuoterle ma accarezzandole, sicuramente è una scelta consigliata.

Ho letto in alcuni forum che spesso l’autrice viene considerata “rosa” e che si dedica a trattare e raccontare l’universo femminile; non me ne vogliano coloro che la pensano così, ma non sono d’accordo.

Non tanto perché talvolta i protagonisti narranti sono uomini, ma perché non mi pare che Aki Shimazaki non dia assolutamente un’importanza o un approfondimento diverso a seconda del sesso, anzi, la trovo sempre obiettiva nel descrivere azioni e sentimenti, di chiunque essi siano.

Detto questo, le copertine tendono al rosa ma se siete uomini non perdetevi queste piccole perle!

La Fabbrica – Oyamada Hiroko

Prima lettura di queste vacanze estive, non conoscevo l’autrice prima di questo romanzo e ne sono rimasta piacevolmente colpita.

Me la sento di suggerirlo non solo a chi si appresta a muovere i primi passi nel mondo del lavoro, ma anche a tutta quella fascia di mezzo troppo “adulta” per talune posizioni o troppo inesperta per altre, a tutti coloro i cui genitori hanno ripetuto per anni “se ti prendono lì sei a posto per la vita”.

A tutti coloro che hanno scoperto le agenzie interinali al loro sbocciare e ne sono rimasti incastrati ancora oggi dopo 20 anni.

Che cosa vuol dire essere un precario?

Quante volte ci siamo sentiti solo un piccolo ingranaggio senza nome all’interno di un processo più vasto? E se questo processo del quale non vediamo né confini né fine non ci mostrasse nemmeno il suo obiettivo produttivo?

Una ragazza dalle 9 del mattino alle 17,30 distrugge documenti avvalendosi di una macchina trita fogli. E’ facile, non serve pensare, non occorre preparazione, indossa il grembiule e infila i fogli, quando terminano ne arriveranno degli altri. “Si prega di non dire a nessuno a quale reparto è stata affidata ed in cosa consiste esattamente la sua mansione, contiamo sulla sua professionalità”.

Un ragazzo viene assunto come correttore di bozze, chiuso nel suo quadrato senza contatto con il resto dei colleghi, la sua penna rossa per le annotazioni, le ore si susseguono l’una dopo l’altra senza comprendere il senso di quello che passa sulla sua scrivania, le bozze talvolta si ripetono, altre sono già state corrette; “fallo con attenzione ma se sbagli qualcosa non è poi così grave, comunque firmali dopo la revisione”.

Un ricercatore viene improvvisamente allontanato dall’università presso la quale opera per essere assunto nella tanto agognata fabbrica, dove ha un dipartimento solo per lui, senza colleghi, senza superiori, senza indicazioni “sappiamo che ci può volere del tempo, ma contiamo su di lei e siamo certi che sia la persona adatta, non si preoccupi, non le corre dietro nessuno, potrebbero servire anni”. Si, ma cosa devo fare?

La Fabbrica è enorme, una città con un fiume, parchi, giardini, vegetazione e fauna a se, un ponte dal quale non si scorgono l’inizio e la fine dello stesso. Uccelli neri più grandi dei corvi che non volano, lucertole che abitano le lavanderie e nutrie onnivore dalle dimensioni di esseri umani.

La morte delle ambizioni in favore di una tranquillità che cancella il pensiero e l’arbitrio mentre si strizza l’occhiolino a Kafka senza rivelarvi segreti tra le righe.

Talvolta un presagio ci sfiora, c’è un mistero da svelare, oppure no? Dobbiamo semplicemente accettare come verità quello che di pagina in pagina viene raccontato dai tre protagonisti?

La lettura è scorrevole, i personaggi umani e credibili, personalmente l’ho apprezzato e letto volentieri, spero vivamente che traducano presto altro di Oyamada che con questo testo ha vinto il prestigioso premio Shinzo per i nuovi scrittori.

SBN: 978-88-545-2217-6

Collana: Bloom

Pagine: 208

Tradotto da: Gianluca Coci

Prezzo: €18,00