Non sono multitasking.

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Non riesco a tenere la musica di sottofondo, non ne sono mai stata capace.

Sin da ragazzina, quando i miei compagni di scuola mi dicevano di studiare con la radio o una cassetta nel mangianastri. Non che non ci abbia provato, ma immancabilmente finisco col focalizzarmi su uno degli strumenti captati dalle mie orecchie (nel 99% dei casi sulla voce).La Voce è sempre stata lo strumento che maggiormente fa vibrare le corde della mia anima, indipendentemente dal genere musicale. Ho sempre seguito pochi artisti anche per questo, se la voce non mi crea emozioni dopo un paio di brani mi annoio.


Andare a ballare in discoteche con musica new wave o rock mi è sempre piaciuto ma nel momento in cui partiva un brano particolare mi ritrovavo puntualmente a cantare e ballare da sola.


Non posso leggere se ascolto quello che mi piace, non posso concentrarmi sul lavoro, su un pacco da fare; mi capita di scendere alla fermata sbagliata dell’autobus o di non salirci se mi passa davanti.Se sono in giro a piedi  faccio attenzione ai semafori per puro spirito di sopravvivenza ma non mi rendo conto di essere arrivata. Una volta una bambina mi ha investita col suo monopattino.Posso cucinare qualcosa di semplice che so fare in automatico, ma non sono in grado di seguire una ricetta nuova o complessa.

Non sono multitasking.


Ieri per esempio mentre tornavamo da una gita in auto è partita una playlist dei Kαin e ho salutato il navigatore, la mia testa è tornata a quando ho ascoltato quel brano per la prima volta dal vivo, alla gestualità tipica durante quei concerti, a cantare e gli occhi inumiditi hanno faticato a trattenere un pianto che in quel momento era di pura nostalgia, accompagnato dall’incertezza del non sapere quando sarò nuovamente in grado di vivere un’esperienza del genere.

Capita anche a voi?

Cosa c’entrano queste parole con Tokyo? 

A Tokyo finisco con il dormire veramente poco, sopratutto i primi giorni quando sono ancora sopraffatta dall’adrenalina, una sera, saranno state le 23, mi sono infilata gli auricolari e sono uscita di casa. Ho percorso la deserta stradina di Shin-Okubo dove alloggiavo in quel periodo, ho poco senso dell’orientamento per cui faccio sempre le stesse strade per non perdermi. Eppure rimebro perfettamente “quella” sera in particolare ed i dettagli.  Mentre ascoltavo la musica osservavo distrattamente le vending machine di bibite ho controllato di avere in borsa sigarette, accendino e posacenere portatile, alla fine della stradina c’era un negozio di fiori chiuso ma sulla strada principale era quasi tutto aperto, ho sorriso al poliziotto ed ho attraversato la strada per raggiungere l’altro lato della strada ed entrare al seven per comprarmi una birra fresca ed un accendino. Di fianco alla stazione JR di Shin Okubo c’era una grande smoking area, non ho percepito il rumore della lattina che stappavo e il click d’accensione dell’accendino, ho tolto un auricolare e l’ho riacceso due volte. Durane quella singola sigaretta ho visto passare due treni sopra di me, poi mi sono incamminata per la strada che conduce a Shinjuku est.

E’ la strada che costeggia la ferrovia, passano pochissime auto, c’è una piccola corsia destinata ai pedoni ed un paio di ristoranti coreani. Mi piace fare quella strada, è tranquilla e so esattamente dove sbuca, so anche che le altre parallele portano più o meno nello stesso punto ma ogni volta che ne ho imboccata una mi sono persa. Pertanto quella sera, dato che stavo ascoltando musica non potevo permettermi di ritrovarmi chissà dove. Il profumo pungente del curry indiano mi ha indicato che la strada era quasi finita, ho attraversato il sottopassaggio e mi sono fermata alla smoking di fronte allo Yunika Vision dove stavano trasmettendo un estratto di un concerto di Shogo Hamada. Mi sono guardata intorno, la luce abbagliante dello Yunika si mischiava con quella del Pachinko sull’angolo, c’era tanta gente, come sempre. Non ho smesso di cantare mentalmente quello che ascoltavo, ho pensato che forse un riso al curry non sarebbe stato male, o una soba. Mi sono incamminata verso Kabukicho e la folla andava intensificandosi, nulla di strano, ma poi un altro profumo ha iniziato a solleticare le mie narici, qualcosa alla piastra forse, si stava svolgendo un matsuri. Sono rimasta affascinata, sicuramente ci doveva essere confusione ma mi sono ritrovata in un film dove la colonna sonora era quella del mio iPhone. Ho acquistato dei takoyaki e mi sono seduta sui gradini del tempio, che strano questo takoyaki, ma cosa c’è dentro? Non posso sputarlo per controllare…manda giù, scotta, poi ci penserai e cercherai di capirlo dal prossimo, mi serve una birra. Acquisto una birra, 600 yen, ma come, così tanto? La stessa birra al combini costa 328, pazienza, non posso certo andare al seven più vicino poi tornare qui, si raffreddano i takoyaki. Mi risiedo sui gradini e guardo le botti vuote di sake appese intorno a me pensando “che bei regali”, mi cade l’occhio su un baracchino di palloncini di One Piece e Doraemon, di fianco hanno delle chocobanana che mi fanno paura, le mele candite però sono buone. Ah, ma ho i takoyaki, adesso scottano meno, posso mordere e vedere cosa c’è dentro. Una nuvola di fumo mi investe, due ragazzi si siedono di fronte a me con delle seppie giganti fumanti, faccio rotolare il takoyaki nella salsina e lo addento piano, come diavolo fai ad avere ancora la temperatura della lava? Ma resisto e lo osservo, c’è un uovo! Cosa ci va un uovo qui dentro? Com’è piccolo poi! Buono, ah, non è sodo, è barzotto, ma questi takoyaki sono una bomba! Faccio un sorso di birra e mangio il terzo, questa volta in maniera consapevole. Sospiro contenta, skippo la traccia che è appena partita perché si, la band è sempre quella ma la canta il chitarrista e non mi fa impazzire. Faccio un paio di foto e vado alla smoking area del matsuri, abbandono i takoyaki rimasti nel cestino e faccio un paio di foto al tempio, da qui si vede meglio, finisco la birra mentre fumo e noto il baracchino dell’amasake. Che buono, ma non fa così freddo, speriamo che vendano tanto lo stesso, quel signore era stato così gentile l’anno scorso mentre mi porgeva il bicchierino di carta bollente invitandomi a stare attenta a non scottarmi. Ormai sono in giro, potrei andare al Loft, controllo se ho con me carta e penna, si le ho, bè in effetti potrei farci un salto, tanto è qui dietro, devo solo uscire dalla parte giusta del Matsuri. Se lì c’è la chocobanana e più avanti quello delle mele candite sono dalla parte giusta.  Forse so un un pò di pesce grigliato e fritto ma tanto non devo incontrare nessuno. Forse se passerò tra le chocobanane, la frutta candita e lo zucchero filato avrò un odore diverso. Avevo messo il profumo prima di uscire? Figurati, non mi sono nemmeno truccata, ho infilato i primi jeans che ho trovato e gli occhiali da sole. Li ho ancora su? Cavoli Tokyo è proprio illuminata a giorno stasera, non me ne ero resa conto. Ah, i pantaloni sono strappati, pazienza, tanto sotto ho i boxer. Vado a farmi un drink poi torno a casa, si, tanto ormai sono fuori e mi sono svegliata. 

L’unica cosa che posso fare, mentre ascolto musica, è scrivere.

Non scrivere recensioni, per quello mi serve il silenzio assoluto, ma lasciare correre i miei pensieri e le mie emozioni come in questo momento. Non riesco a fare altro. Forse per quello faccio un uso che è più un abuso dei puntini di sospensione (ma sto cercando di controllarmi). Eppure, per qualche strano motivo, alcune cose come quello spezzone di serata appena raccontata rimangono come disegnati perfettamente nella memoria. Non solo le cose che ho visto ma i pensieri, e posso garantire che la mia memoria non è assolutamente degna di nota. 

 

 

 

Tokyo Soup – Ryu Murakami

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Se non temete un pugno nello stomaco, immagini forti e riflessioni disturbanti ma oneste sull’animo e la psiche umana: allora va bene, lasciatevi accompagnare da Kenji per le notti di Kabukichou, il distretto dell’intrattenimento a luci rosse (ma non solo), di Shinjuku

Kenji è un giovane ventenne che lavora come guida turistica (senza licenza) nei quartieri a luci rosse di Tokyo. La sua mansione consiste nell’interpretare ed assecondare i desideri dei suoi clienti, in modo tale da poterli accompagnare laddove costoro potranno trovare la soddisfazione dei loro istinti.

A sole tre notti dal Capodanno viene assunto da Frank, un turista americano come tanti se ne vedono, come tanti alla ricerca di sesso ed esperienze esotiche eppure…. fin dal principio Kenji sente qualcosa che non va, non si tratta di un evento od un atteggiamento particolare, nè di una frase o un atteggiamento insolito; tuttavia qualcosa nel nuovo cliente inquieta Kenji. Si tratta solo di paranoia date dal tipo di lavoro ed il naturale atteggiamento verso gli stranieri?

Non c’entra nulla il cadavere fatto a pezzi di una studentessa ritrovato poche sere prima, perchè mai Kenji dovrebbe associare un normale cliente ad un omicidio così efferato? Si tratta solo di un turista dopotutto, e la ragazza trovata a brandelli stava praticando “Enjou Kosai” (una forma di prostituzione particolarmente diffusa tra le giovani giapponesi) per cui nemmeno i media hanno indugiato troppo sulla notizia.

Non c’entrano le banconote sporche di sangue con le quali Frank, il nuovo cliente, paga in uno dei bar. La pelle levigata, lo sguardo annoiato, quella luce nello sguardo che talvolta pare spegnersi come un black out improvviso. Le piccole contraddizioni nei racconti di Frank non sono poi così importanti, dopotutto è un turista e sta pagando: può raccontarsi come preferisce, chi è mai Kenji per giudicarlo fintanto che paga?

Eppure il senso di disagio e paura cresce nella mente della voce narrante e nel lettore, pagina dopo pagina, l’inquietudine che qualcosa di tremendo ed irrimediabile stia per accadere diventa sempre più palpabile.

Si tratta davvero soltanto di paranoia?

Tokyo Soup non è soltanto un racconto giallo violento e brutale di quello che può accadere nelle notti di Shinjuku: è un viaggio ed una riflessione sulla la società giapponese da un punto di vista critico ed arrabbiato eppure rassegnato.

L’importanza delle tradizioni nonostante la miriade di priorità moderne, ed il fatto che esse persistano radicate nella coscienza di ogni individuo giapponese indipendentemente dal suo stile di vita non possono non affascinare. La descrizione dei suoni del capodanno, così come il profumo della zuppa di miso sarebbero normalmente fuori contesto in un libro del genere, eppure il tutto si amalgama in maniera coerente.

 

I soli 3 libri di questo meraviglioso autore pubblicati nella nostra lingua non solo sono fuori ristampa, ma introvabili e particolarmente costosi sul mercato dell’usato.

Tuttavia se li avete in qualche su qualche mensola dimenticata della libreria, se vi capita di intravederli in qualche negozio o bancarella non lasciateveli sfuggire, o quanto meno date loro una possibilità.

Tokyo Soup l’ho trovato usato su Amazon.it, se conoscete l’inglese non sarà invece particolarmente arduo procurarselo.

Infine, mi sento di consigliarlo caldamente a chiunque apprezzi la regia di Takashi Miike: Audition per esempio è tratto proprio dall’omonimo libro di Murakami.

 

Credits:

Fuori catalogo – Non ordinabile

  • Editore: Mondadori
  • Collana: Strade blu
  • Traduttori: Tashiro K., Bagnoli K.
  • Data di Pubblicazione: aprile 2006
  • Pagine: 232

 

Il Matsuri di Hanazono Jinja

Matsuri letteralmente significa festa, ed è un’esperienza meravigliosa alla quale partecipare se si ha la fortuna di capitare in uno di quei giorni. Consiglierei di controllare prima ma…. Io personalmente me ne sono dimenticata per anni, affidandomi alla fortuna del momento. E’ solo ultimamente, che dopo aver individuato quello che è indubbiamente il mio Matsuri preferito, ho iniziato a controllare per tempo in modo tale da segnare in agenda i giorni fatidici.

Hanazono Jinja, un piccolo tempio shintoista nascosto tra le intersezioni di Kabukichou. So perfettamente che non si tratta del tempio più maestoso ed importante, non viene particolarmente menzionato nemmeno nelle guide, eppure è uno di quei luoghi che esercita su di me un incanto particolare.

La prima volta che mi ci sono imbattuta è stato durante il mio secondo viaggio a Tokyo. Non ricordo dove fossi diretta ma sbagliai strada tentando di scoprire nuove scorciatoie, mi piacque il percorso di ciottolato e quello che pareva un parco. La stradina mi condusse proprio ai piedi del tempio e ne rimasi affascinata: una piccola bolla silenziosa nel centro di Shinjuku. Tutt’oggi lo trovo estremamente affascinante.

Mentre riprendevo il percorso verso la mia destinazione notai che stavano allestendo delle bancarelle sia all’interno del parchetto sia nelle viette che vi ci conducevano, guardai incuriosita ma non mi soffermai alla ricerca di ulteriori informazioni.

La giornata trascorse normalmente, alloggiavo a Shin Okubo: il quartiere koreano di Shinjuku, quasi ogni sera a seconda dell’insonnia e della stanchezza mi dirigevo poi verso Kabukichou.

Avevo imparato una strada lineare e semplice che mi permetteva di arrivarci in circa 15 minuti: uscita di casa dritto fino alla fine della strada, poi si svolta a destra sulla strada principale, ancora diritto fino alla smoking area adiacente la stazione. Pausa sigaretta dopo essersi muniti di un caffè al Family, e di nuovo dritto lungo la strada semi pedonale per altri 10 minuti, si attraversa il ponte ed eccoci arrivati a destinazione.

Quella sera avevo iniziato a percorrere una delle due strade principali. Generalmente si sentono tutto un insieme di profumi nell’aria, ma questa volta erano più intensi ed amplificati: come una cagnolino da tartufo mi misi a seguirli. Quando mi resi conto di essere nel bel mezzo di un Matsuri notturno per poco non mi misi a saltellare come una bambina. Non solo finalmente vivevo da vicino quel tipo di festa, ma per di più di notte e nel mio quartiere preferito!

Il Matsuri di Hanazono Jinja è un’esplosione di colori, profumi e sapori, occorrerebbe recarcisi dopo 3 giorni di digiuno per potersi godere tutto ed assaggiare il più possibile le leccornie disponibili. Personalmente non ci sono ancora riuscita, un po’ perché sono sempre golosa di riassaporare ciò che mi ha precedentemente conquistata, un po’ perché dopo 3 assaggi sono sazia e non c’è verso di andare oltre.

I miei must sono essenzialmente questi: taiyaki, takoyaki, mela candita, amasake!

Non necessariamente in quest’ordine… ma gli amasake devono essere almeno un paio.

Sempre nello stesso punto, con il tempio alle proprie spalle si sviluppano 3 strade fitte di bancarelle, il chioschetto della coppia miracolosa è il primo della stradina centrale. Questi 2 signori gentili preparano una bevanda dolce, leggermente alcolica che è in grado di scaldare il cuore nelle notti più fredde, è qualcosa di simile ad un amabile abbraccio. Per me è come un rito, prendo il mio bicchierino bollente con attenzione seguendo le raccomandazioni della coppia (è davvero bollente appena versato) e mi sposto a sorseggiarlo nella zona dove ci sono i posaceneri lì a fianco mentre osservo la folla e le botti di sake. E’ un momento magico: il profumo ed il sapore di quel nettare avvolgono totalmente i sensi e per quanto mi riguarda è come se lenissero ogni dolore facendo però affiorare un sottile velo di malinconia anche solo per qualche minuto.

Non ci sono altre bancarelle che lo servono, per cui è impossibile sbagliarsi, per me rimane l’amasake più buono che abbia mai bevuto, e sono talmente convinta delle sue proprietà che poco mi importa assaggiarne altri. So che è possibile prepararlo anche in casa, ma non sarebbe la stessa cosa. Lo scorso Novembre durante la festa pioveva, per cui l’ho sorseggiato sotto la tettoia stando attenta che non si annacquasse, le sue proprietà magiche si amplificano con il maltempo.

Il Taiyaki è un altro cibo magico a mio avviso! Ha la forma di un simpatico pesciolino e il suo ripieno è comunemente crema o azuki (i fagioli dolci rossi); li adoro entrambi, per cui è sempre difficile scegliere… come se non bastasse ad Osaka ho scoperto anche i Croissant Taiyaki: ovvero pesciolini la cui pasta è simile, appunto, a quella dei croissant. Una festa per le papille gustative in entrambi i casi, ai Matsuri si trovano entrambi per tanto è sempre un momento molto difficile quello della scelta. Entrambi? Si, certo… sarebbe possibile. Ma così facendo dovrei rinunciare a qualcos’altro. Ai Takoyaki? Nemmeno sotto tortura!!

 

I Takoyaki sono uno dei cibi da strada più popolari e deliziosi che si possano assaporare, scottano come la lava per almeno 20 minuti ed è difficilissimo gustarli senza il rischio di ustionarsi, ma ne vale decisamente la pena. Queste palline di pastella con il ripieno di polpo, condite con l’apposita salsa, le scaglie di tonno essiccato, alga e maionese sono un’esplosione di sapore (scottante!)

Proprio qui ho scoperto che ne esiste una versione che all’interno contiene anche un piccolo ovetto di quaglia barzotto: per descriverne il gusto mi sfugge l’aggettivo appropriato, tuttavia me ne è venuta una voglia matta in questo momento e so che non potrò soddisfarla per oltre 2 mesi!

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Bancarella di Takoyaki

Arriviamo poi alla mela candita: lo so che non è nulla di speciale, è possibile acquistare frutta candita in tante parti del mondo; eppure le mele candite che è possibile acquistare qui sono così belle, perfette, dolcemente succose e croccanti. Nonostante la glassatura esterna, una volta morsicata si sprigiona il gusto di uno dei frutti più deliziosi di sempre. Se Biancaneve si fosse imbattuta in un cesto di queste golosità non si sarebbe certo limitata ad un primo morsetto, e la favola avrebbe avuto un finale differente da quello che ci hanno raccontato.

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Mela candita

Queste non sono che alcune delle ghiottonerie che è possibile degustare, si tratta solo delle mie preferite. Ma davvero ce n’è per tutti i gusti e prometto di fare un articolo accurato con tante fotografie al prossimo evento (che si terrà il 5 novembre).

La magia del Matsuri non consiste soltanto nel potersi riempire il pancino di tanti cibi deliziosi, sia ben inteso! E’ una festa, vi sono bancarelle di bibite, giocattoli, ma sopratutto oggetti per onorare il nuovo anno, si tratta inoltre dell’occasione per rivolgere una preghiera agli dei, esprimere desideri e raccogliersi in un momento che conserva da millenni una tradizione unica.

Io la vivo da turista, quindi mi fermo alla superficie e non mi prodigo in preghiere verso divinità che non posso dire di conoscere; tuttavia la tradizione di un Paese che tanto si può amare è palpabile, la si respira, ci si può lasciare sfiorare da essa e sentirsi fortunati di poter condividere un simile momento. Senza la presunzione di dover sempre capire tutto, le emozioni non hanno bisogno costante di spiegazione.

L’ultima volta ho vinto la timidezza e ho provato a fare il famoso gioco della pesca dei pesciolini! L’ho visto talmente tante volte negli anime che non sono riuscita a resistere, devo dire che non è affatto facile, sopratutto quando la fanciulla prima di te ne ha presi talmente tanti da aprire un chioschetto simile! Ma ci ho messo tutto l’impegno possibile e dopo svariati tentativi andati a vuoto un minuscolo pescetto rosso ha deciso di assecondarmi ed è saltato nel recipiente! Il signore che gestiva la bancarella mi ha fatto un sacco di complimenti e chiesto se volessi portarmelo a casa, ovviamente l’ho lasciato ributtare in acqua ma è stata un’enorme soddisfazione!!

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il mio trofeo

Sicuramente uno dei lati che rende proprio questo Matsuri tanto affasciante ai miei occhi è proprio il fatto che si svolga di notte. Non ne conosco il motivo, mi sembra così naturale che in una zona così viva di notte anche la festa ad essa legata si svolga dopo il tramonto. Mi documenterò in modo da fare una spiegazione dettagliata in occasione del prossimo articolo a riguardo.

In occasione di un’eventuale pianificazione di viaggio, date un’occhiata alle feste che si terranno. A mio parere questa fa parte delle esperienze che si conservano nel cuore per sempre, perché non ci limitiamo ad osservare qualcosa dall’esterno ma la viviamo, ascoltiamo, tocchiamo, respiriamo, beviamo ed assaporiamo; coinvolgendo così tutti i sensi e non solo.

Di seguito altre immagini di pappa e folla in festa!

 

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