Cercando il Giappone a Parigi

Ho voluto smettere di contare i mesi che sono trascorsi dai miei ultimi giorni a Tokyo, così come ho smesso di monitorare le news quotidianamente alla ricerca di uno spiraglio che accenni un qualche tipo di riapertura anche per il turismo individuale. 

In realtà non ho però smesso di dare un’occhiata alle tratte aeree delle varie compagnie e agli alberghi abituali dove normalmente soggiorno.

Questi mesi (dovrei dire anni…ma sono pochi e la parola “ mesi” pare più leggera) di incertezza ed interrogativi hanno suscitato emozioni così altalenanti al punto che se vi fosse una trascrizione emotiva forse susciterebbero ilarità. Già, perché si passa da un “ma si dai, quando riapre riapre, intanto brindiamo al nuovo anno!!” ad un “chissà quando e se….. vabbè beviamoci su”.

Sempre in alcol finisce, ma con uno stato d’animo totalmente differente. Euforia e tristezza, entusiasmo e rassegnazione. L’altalena emotiva: che giostra meravigliosa, vero?

E intanto cosa si fa? Si vive il momento, si prende il meglio, si organizzano uscite, si va ad i concerti che hanno ripreso, si cena fuori, si passeggia in Darsena e si parte, si acquistano biglietti aerei e si pianificano escursioni in altre città europee meravigliose!!

Andiamo a Parigi? Yeah!!

2 volte a distanza di pochi mesi? Evviva.

Non vi narrerò della vacanza parigina di fine marzo, poiché questo è un blog sul Giappone. Quindi perché dovrei raccontare quella di questi giorni?

Poiché a Parigi esiste un frammento di Giappone in grado di scalfire il cuore di chi come me si era detto “e chi ci pensa a Tokyo? Quando sarà sarà, intanto Vive la France!!!”

Ed io la Francia la amo davvero tanto, chi mi conosce può testimoniare la mia adorazione nei confronti di questa nazione e di chi la abita.

Insomma, prima di partire vengo a sapere che c’è una libreria giapponese molto fornita (a quanto pare lo sapevano tutti i miei conoscenti tranne me), andiamo a farci un salto, è vicino all’Operà e dal momento che l’ultima volta non ero riuscita a vederla e le precedenti era tappata per lavoro è parsa l’occasione perfetta per acchiappare capre e cavoli!

Percorriamo il boulevard e quando sappiamo mancare poche decine di metri la pioggia incessante invita a fermarsi per un caffè, ovviamente all’aperto ma riparati dalle tende, mentre sorseggio il mio cafè creme mi accendo una sigaretta ed alzando lo sguardo leggo Takumi Cheesecake. Per un attimo rimango perplessa, guardo meglio e poco distante riconosco il logo di kuroneko yamato.

Takumi original Japanese Cheesecake

Terminiamo la pausa caffè e ci addentriamo nella strada della libreria, i palazzi sono quelli meravigliosi che sappiamo avere Parigi, eppure  le vetrine e le insegne sono un susseguirsi di kanji, hiragana e katakana che mi ritrovo a scorrere come fossi una bambina delle elementari che riesce finalmente a leggere il primo libro di favole. Anche i profumi sono quelli che escono dalle botteghe giapponesi. Un leggero senso di smarrimento unito alla sensazione di essere a casa, mi riesce davvero complicato descrivere a parole. 

Arriviamo alla libreria Junku, mi sembra di essere da Kinokuniya (grande catena di librerie molto presente sul territorio nipponico), dove al piano terra ci sono libri di ogni genere, riviste, manuali di lingua, libri per ragazzi e bambini, dizionari, sento un nodo alla gola mentre sfoglio una versione giapponese illustrata di Biancaneve. L’inconfondibile profumo della carta, il vociare soffuso delle commesse che parlano tra loro in giapponese, i bambini che si siedono a sfogliare grandi libri puzzle. Articoli da cancelleria, quaderni, qualche gadget. Andiamo al -1 ed eccoci praticamente all’Animate, dove ogni corridoio sembra un piano diverso dell’omonimo negozio. Non vedevo così tanti artbook tutti insieme dal mio ultimo viaggio, lo stupore nel trovarne di davvero recenti, edizioni speciali di manga, un super reparto yaoi (….il mio tallone d’Achille) e ancora quell’odore inconfondibile di carta giapponese.

Onestamente ho perso la nozione del tempo. 

Il piccolo tour è continuato tra altri negozi di vario tipo, dai botteghini di ramen alle panetterie in stile giapponese con gli immancabili kareepan e melonpan. Negozi di alimentari con le immancabili ramune ma dove ho trovato uno dei miei drink estivi preferiti: il mughicha (tè d’orzo, rinfrescante ed adatta anche ai più piccoli per via della mancanza di teina e caffeina).

Eravamo ormai entrati in questa spirale giapponese e non avevamo alcuna intenzione di uscirne, un po’ come bambini in un parco giochi “uh guarda: c’è lo shampoo tsubaki! Gli onigiri!! La fluffy cheesecake! L’oujicha! Rilakkuma! Ecc ecce cc”. 

Mugicha mon amour!!

E poi, sulle vetrine di molti negozi un piccolo poster: MATSURI, ma davvero? Un matsuri a Parigi? Ma quando? Proprio in questi giorni? Cosa fai, non ci vai? Ovviamente ci vai, anche se dista 2 ore a piedi ma siccome sei fermo sulla tua decisione di fare lunghe passeggiate nulla ti fermerà, nemmeno la strada che ad un certo punto diventa deserta e poi malfrequentata, nemmeno il campo di tossicodipendenti nel quale passiamo ignari e in silenzio (impauriti, tanto, ma ormai eravamo lì e il navigatore non forniva strade alternative) insieme ad altre due fanciulle in yukata che ci precedevano a passettini svelti di fronte a noi, e no, nemmeno la polizia che ci ha fermato una volta usciti dal campo per chiederci cosa facessimo lì in mezzo: gli abbiamo mostrato le locandine dell’evento e spiegato che eravamo turisti. Ci hanno praticamente detto che eravamo degli imbecilli ed eravamo stati fortunati, di fare una strada diversa al ritorno e tanti saluti.

Ma alla fine ci siamo arrivati al matsuri, e ne è valsa la pena! Non immaginate la classica festa dove si affiancano una dopo l’altra infinite bancarelle di cibo, si trattava comunque di un evento più piccolo, dove non mancavano ovviamente takoyaki ed altre leccornie, ma vi erano bancarelle di giochi in legno, kimono, spazi con dimostrazioni di karate, un ampio spazio per l’esibizione del taiko, un capannone interamente dedicato alle degustazioni di sake ed altro ancora. Ma, indipendentemente da questo, è stata proprio l’aria festosa a valerne la pena. Famiglie francesi e giapponesi con bambini che giocavano alla pesca dei pesciolini e si divertivano sotto un sole che ci ha regalato una discreta abbronzatura!

La locandina del Matsuri! Se ne avete voglia fate un giro su googlemaps a piedi per Parigi che vi conduca alla Cité Fertile!

Tra i vari stand presenti c’era anche quello della Japan Airlines, era l’unico senza coda e per un attimo mi ha sfiorato il pensiero di chiedere “si, bello che ci sia una tratta diretta ma…avete intenzione di riaprire a breve?” . Un pò per la paura della risposta, un pò perché i giapponesi non amano dare risposte negative, non me la sono sentita di ascoltare qualcosa di evasivo e ho tirato dritto. Chissà, forse non sono stata l’unica ad elaborare questo pensiero dato che come accennato non vi era nessuno a richiedere informazioni.

Insomma, questa vacanza ci ha regalato infine anche un pezzetto di Giappone, il che non fa che accrescere il mio amore già grande verso la città meravigliosa che è Parigi (nonostante lo spavento della zona sopracitata!).

Da un lato avrei potuto dilapidare una fortuna dato che in ogni singolo negozio (sopratutto in libreria) c’era qualcosa che mi piaceva ed interessava notevolmente, tuttavia a parte la mia bottiglia di mugicha non mi sono portata via nulla.

E’ difficile spiegare, da un lato sicuramente vi è il fatto che non avessi oggettivamente bisogno di nulla (quando mi servono creme o altro mi arrangio comunque con gli acquisti dal Giappone e gli amici che abitano lì mi danno una mano), ma non credo si sia trattato solo di questo. A pensarci ora credo che in cuor mio ci fosse il silenzioso augurio “aspetta, compralo a Tokyo, adesso in realtà non ti serve”.

Quindi, nonostante i buoni propositi del non pensarci troppo e non pianificare fintanto che non vi sono certezze, è evidente che il sentimento nostalgico c’è e si fa sentire, diversamente non avremmo trascorso tante ore in queste zone e sopratutto non ne saremmo usciti a mani vuote.

E’ stato un piccolo viaggio nel viaggio, un’esperienza dolce ed avvolgente come la fluffy cheesecake di Osaka, che non vedo l’ora di mangiare quando tornerò a volare oltreoceano.

Se avete intenzione di passare per Parigi e vi manca il Giappone concedetevi questa piccola escursione etnica, ne varrà sicuramente la pena vi regalerà una dolce sensazione di deja vu!

Ho citato solo alcuni dei posti a tema giapponesi in città, e postato pochissime foto perché non ne ho fatte altre, mi sono goduta in prima persona profumi, sapori e colori lasciando lo smartphone in borsa ma se avete bisogno di approfondimenti o informazioni chiedete tranquillamente o navigate on line, ci sono tantissime informazioni a riguardo!

Candy Candy – Keiko Nagita

Chi non si ricorda di Candy Candy? Una delle prime orfanelle che ha ci ha tenuto compagnia durante l’infanzia per giorni e giorni, con le sua serie di sfortunati eventi ed un ottimismo da far invidia a Pollyanna col suo gioco della felicità!

Questo dolcissimo romanzo mi ha tenuto compagnia durante il mio viaggio a Parigi, durante gli spostamenti e le soste nei meravigliosi giardini e caffè cittadini.

L’avevo acquistato l’anno scorso in realtà, ma tra una cosa e l’altra non ero mai nel mood adatto nonostante mi piaccia molto la letteratura per ragazzi. 

E’ stato un viaggio meraviglioso, ripercorrere le avventure di questa giovane ragazza dall’infanzia e commuoversi negli stessi punti in cui da bambina avevamo pianto guardando la serie è stata un po’ una coccola sul cuore. 

Il romanzo di per se mi è piaciuto veramente molto, e ne ho apprezzato l’epilogo epistolare che va a chiudere tutti i cerchi tranne uno….

Una delle spinte verso la lettura è stata “ma come finiva poi Candy? Con chi si metteva? No perché Terence l’aveva lasciato a Susanna…mmmm” quindi immaginate la mia sorpresa quando nelle ultime pagine….no, non dirò nulla a chi non lo sa o non ricorda!!

Credo che questo romanzo potrebbe trovare posto a tutto diritto di fianco a Piccole Donne, Pollyanna, Anna dai Capelli Rossi ed altri testi simili, consigliato a tutti i nostalgici ma anche ai più giovani che non hanno avuto ancora la fortuna di scoprire le avventure di Candice White.Non manca nulla, c’è avventura, amore, amicizia, divertimento…ma c’è anche la guerra, le difficoltà, le prese di responsabilità e le scelte difficili, non solo della giovane protagonista ma di tutti i personaggi.

Heaven – Mieko Kawakami

Leggetelo.

Leggetelo, sopratutto se siete mamme, papà, fratelli o amici di ragazzi in età scolare. Assolutamente, leggetelo.

Se siete insegnanti o avete a che fare con i più giovani: leggetelo, consigliatelo, divulgatelo come potete.

Mieko Kawakami ci racconta in maniera delicata eppure inesorabile la storia di due ragazzini che frequentano la scuola media, apparentemente conducono una vita normale, escono di casa ogni mattina salutando i genitori e rientrano, fanno i compiti, cenano, dormono. Finché l’inferno non li accoglie nuovamente ad ogni rientro in classe.

Gli avvenimenti di questo romanzo sono sassi e pugni nello stomaco, non solo figurati.

Il dolore della violenza, anche verbale ed il suo essere accarezzato e mitigato dall’amicizia.

Un’amicizia che nasce non dalla simpatia ma dalla sofferenza che entrambi i ragazzi vivono. Viviamo quest’ anno scolastico narrato in prima persona dal protagonista, il cui strabismo pare trasformarsi nel pretesto per divenire oggetto di scherno valvola di sfogo per i suoi compagni. Giorno dopo giorno, angheria dopo angheria, gli unici momenti di pace sono quelli regalati da una corrispondenza segreta e qualche incontro con una compagna di classe anch’ella presa di mira dalle compagne di classe per via del suo aspetto trasandato.

I due ragazzi si scrivono, prima timidamente poi sempre più assiduamente, nelle loro lettere non si accenna mai a ciò che vivono sui banchi di scuola ma si raccontano e conoscono. Ho riflettuto spesso su questo tipo di legame, domandandomi in che direzione può portare un rapporto nato dalla sofferenza qualora una delle parti decidesse di porre fine (o quanto meno provare) agli atti denigratori dei coetanei.

E’ un libro emotivamente difficile da affrontare, il nome del protagonista non ci viene mai svelato e potrebbe essere davvero ognuno di noi in un momento della nostra vita, se non ci rivediamo siamo stati fortunati, se ci ritroviamo anche solo in parte nel suo malessere e nelle sue notti insonni questo romanzo ci regala una nota di conforto e comprensione.

Incredibile e a tratti agghiacciante il dialogo tra il protagonista ed uno dei suoi persecutori, un faccia a faccia che vorrebbe trovare la risposta “perché mi tormentate?” “perché proprio io?”. Forse uno dei passaggi più significativi del libro e mi sono ritrovata a rileggerlo una volta terminato.

Un epilogo non epilogo, perché qualunque sia ciò che accade dalla pagina bianca in poi sarà comunque inevitabilmente segnato dal vissuto.

E’ un romanzo breve, si può leggere tranquillamente in un paio di giorni. Qualcuno lo ha definito “tenero”, non sono d’accordo. Sebbene le parole siano scelte con cura e delicatezza non posso definire tenero il racconto di una simile esperienza.

I sette killer dello Shinkansen – Isaka Kotaro

Non so se thriller sia la definizione più appropriata per questo romanzo di Kotaro Isaka, sicuramente la suspense e l’adrenalina non mancano.

Lo definirei piuttosto divertente ed intelligente, ben studiato e con i colpi di scena al momento giusto!

Un gruppo di killer (che non si conoscono tra loro) si trova a a viaggiare sul medesimo treno ad alta velocità, ciascuno con una missione diversa, chi per lavoro chi per motivi personali; ma va da se che per ragioni di sceneggiatura si troveranno presto a doversi relazionare.

I personaggi sono ben caratterizzati, tuttavia a volte paiono poco credibili e leggermente forzati

La scrittura è scorrevole e si presta sicuramente bene come sceneggiatura di un film (pare infatti che uscirà questa primavera il film nelle sale, il cui protagonista sarà Brad Pitt, ma avendo cambiato tutti i nomi non mi è chiaro quale ruolo interpreterà dato che non c’è un personaggio predominante).

Un racconto che intrattiene e diverte senza avere la pretesa di destare chissà quali riflessioni, ma indubbiamente ci ritroveremo a parteggiare per l’uno o per l’altro tra i vari malviventi presenti sul treno.

La mia simpatia tra tutti se l’è guadagnata Mikan, sin dalle prime pagine, mentre ho mal tollerato Ouji, forse perché tra tutti mi è parso il meno credibile sebbene non manchi a tratti di fascino.

Mi rimane qualche perplessità riguardo sia il titolo dell’edizione italiana sia quello che è stato scelto per il film (i cinque killer dello Shinkansen), personalmente avrei tolto numeri per evitare errori e confusione se proprio si voleva rimarcare l’attenzione con “i Killer dello Shinkansen”.

Il titolo originale è Maria Batoru (dove Batoru è la traslitterizzazione di Beetle, una delle possibili traduzioni della coccinella), Coccinella è anche uno dei nostri assassini presenti sul treno, quello più sfortunato e per il quale la legge di Murphy è una regola che non ammette eccezioni. Maria è la donna all’altro capo del telefono con il quale proprio Coccinella interagisce. Sette i puntini sul dorso della coccinella come 7 i dolori di Maria…. coincidenze? Siete curiosi? Considerate che questa è una spiegazione che sono voluta darmi per comprendere l’adattamento del titolo ed alcuni fatti che si svolgono nel libro.

In definitiva non mi sento di consigliare o sconsigliare questo libro, se siete amanti dei romanzi nipponici e come me vi ritrovate a divorare quasi tutto quello che viene tradotto da noi, sicuramente passerete delle ore piacevoli leggendolo.

Se invece cercate un thriller più strutturato oppure avete una pila di libri in attesa, direi che questo può tranquillamente attendere le prossime vacanze.

Personalmente mi è piaciuto e mi ha intrattenuto, ma ripeto, l’ho vissuto come un intermezzo leggero all’interno di una serie di libri molto diversi e in un momento in cui tempo libero ne ho avuto in abbondanza (le vacanze estive).

Dettagli

Autore:Kotaro Isaka

Traduttore:Bruno Forzan

Editore:Einaudi

Collana:Einaudi. Stile libero big

Le Bugie del mare – Kaho Nashiki

In un momento come questo, dove taluni viaggi ci sono ancorapreclusi, la letteratura è diventata una valvola di sfogo importante; mai come in questo momento il non poter pianificare mi risulta quasi doloroso, mi ritrovo così a ricercare nuove esperienze per sopperire una fase (spero di transizione) tanto incerta.

L’approccio con le prime 40 pagine di questo romanzo non è stato tra i più semplici e coinvolgenti, tanti nomi per me difficili di fauna, flora e tradizioni, un inizio quasi accademico che in un paio di punti mi ha portata a pensare “ma succederà qualcosa adesso? …ma quindi?…” 

Siamo negli anni 30, in un isola nel sud del Giappone. Akino vi si reca per un viaggio di ricerca sul territorio e le tradizioni, ma quello che si ritroverà a fare, forse inizialmente inconsciamente, è un viaggio interiore, una profonda riflessione sull’esistenza in un momento tanto delicato per lui, che ha da poco perso, a breve distanza l’uno dall’altro, entrambi i genitori nonché la fidanzata.

Osojima, questo il nome dell’isola, rappresenta un micro universo a se stante, ancora parzialmente incontaminata dal mondo moderno, i ritmi sono lenti, seguono le ore e le stagioni. 

Stupisce che chi abita in montagna non conosca le spiagge e chi le abita, ma siamo ancora in mondi nei mondi, dove le distanze apparentemente più brevi richiedono comunque ore di cammino attraverso sentieri non battuti quotidianamente e pertanto impervi. Dialetti differenti da una parte all’altra dell’isola che necessitano di interpreti locali, tradizioni radicate ed una dolorosa guerra religiosa terminata da poco, che ancora lascia il segno sui figli dell’isola.

Ma il cerchio si chiude molti anni dopo questa esperienza quasi mistica, quando, a distanza di 50 anni, con le guerre ormai lontane il nostro Akino tornerò ad Osojima chiedendosi se quella settimana non fosse il frutto di un sogno.

Se apprezzate Miyazaki sarà come leggere la sceneggiatura di un suo film, non mi sorprenderebbe infatti se un’opera dello studio Ghibli venisse tratta da questo romanzo.

Sarà come un viaggio nel paradiso perduto, o se preferite in una sorta di città incantata dove la magia vi sfiorerà come una brezza senza lasciare prove tangibili. Una nebbia delicata, un miraggio…. O semplicemente una Bugia del Mare.

Dettagli

Autore: 

Kaho Nashiki

Traduttore: 

Gianluca Coci

Editore: 

Feltrinelli

Collana: 

I narratori

Nostalgia [coming] out

La nostalgia non è necessariamente un sentimento sfumato, talvolta arriva come uno schiaffo ma in quel momento non la si riconosce come tale. 

In questi mesi, in cui i miei post si sono limitati a recensioni di alcuni libri letti, sono accadute molte cose, sia a livello personale che lavorativo, ovviamene ne sono successe a livello mondiale e chi segue questo blog sicuramente ha in comune la passione o la curiosità nei confronti del Paese del Sol Levante che, come sappiamo, ha ormai chiuso da oltre un anno i suoi confini turistici.

Quando sono partita per quattro fugaci giorni a gennaio 2019 ho messo il mio decissattesimo timbro ma avevo già in tasca un biglietto per fine aprile, certo non pensavo che si sarebbe trasformato in un voucher che ad oggi non so ancora quando potrà essere utilizzato.

Mentre scrivo mi lascio trasportare dalle note del mio artista preferito, pertanto non so in quale direzione potrà virare con esattezza il contenuto di questo articolo, vediamola come uno sfogo temporaneo.

Mi sono arrabbiata così tante volte in questi mesi, incapace di contrastare il senso di frustrazione, ed altrettante mi sono detta “Adesso è così, non puoi cambiare lo stato delle cose ma puoi vivere il momento e accettare, ottimizzarlo senza aspettare necessariamente qualcosa che potrebbe succedere”.

Mi sono ritrovata a pianificare il “prossimo viaggio” almeno una decina di volte, pensando che sarei dovuta assolutamente tornare in quel caffè nascosto di Harajuku e poi a cena di fronte al palazzo del governo a Shinjuku. 

Ho pianificato giri mirati agli acquisti inerenti il lavoro, gli eventi ai quali partecipare ed eventuali piccoli investimenti da effettuare. 

Ho pianificato persino il trattamento lisciante alla keratina da applicare prima di partire per evitare che l’umidità mi rendesse prossima ad un cagnolino bagnato al primo sentore di umidità.

Gli incontri con gli amici che non vedo da tantissimo tempo, la mia “nipotina” acquisita ha un anno mezzo ed io avrei dovuto conoscerla e spupazzarmela prima dei tre mesi, adesso trotterella ed è una pagnotta. 

Normalmente a settembre pianifico il calendario sia lavorativo che i viaggi da ottobre e per tutto il primo semestre dell’anno successivo.

La realtà è un’agenda vuota. 

Un’agenda intonsa che pesa quanto una Smemoranda dei tempi del liceo pur essendo priva di contenuto. 

Credo che in tutti questi mesi ciò che più mi abbia destabilizzata sia stata proprio questo, unito al fatto che il mio lavoro è essenzialmente sociale, pur svolgendolo in solitudine e tranquillamente nel tanto in voga “smart working” per il 70 per cento, vi è tutta una parte legata ai meeting ed eventi che è venuta totalmente a mancare. Capire cosa vogliano i clienti e non potercisi relazionare personalmente si è rivelato molto complesso.

Ho cercato di sorridere e pensare almeno una volta alla settimana che i problemi seri erano altri, che comunque sono nata in una delle parti più fortunate del mondo e che anche circa l’epoca non ho effettivamente nulla di cui lamentarmi seriamente.

Si certo, mi mancano i concerti, tuttavia non saranno mica queste le serie preoccupazioni, semmai grattacapi da poco.

Così, a settimane alterne l’umore virava da una serena accettazione ad una scalpitante sofferenza.

“Smettila di pianificare, aspetta e poi farai”

“Si ma dai, almeno l’evento di settembre posso metterlo giù”.

Fino al 3 di giugno, mattina in cui guardavo gli orari dei voli da prenotare a mia madre che avrebb raggiunto mio padre in Sicilia per il periodo estivo.

Pregustavo quel 3 giugno da settimane, avrebbero rilasciato finalmente il nuovo film di Sailor Moon su Netflix e avrei passato una giornata fantastica con i miei affetti più cari tra cui un amico meraviglioso di lunga data e che ho incontrato quasi 20 anni fa proprio grazie al comune amore nei confronti dell’animazione.

Un pranzo alla mia amata rosticceria giapponese G81 di Corso Garibaldi e una serata a base di strong al pompelmo rosa e Sailor Moon.

La sera la chiamata di mia madre e l’improvvisa scomparsa di mio papà. Il giorno dopo ero in volo verso Catania con il cuore irrimediabilmente spezzato.

Se dicessi di stare bene adesso mentirei, tuttavia ho ancora una famiglia ed ho ancora me stessa, e la mia vita, fintanto che mi sarà concessa. 

Pertanto oggi riacquisterò una nuova agenda, probabilmente non sarà fitta di attività a lungo termine, ma ci sono così tante cose da fare anche nel breve termine ed io voglio viverle e vivere.

Non conto i giorni passati a rotolarmi sul divano pensando “dovrei leggere, dovrei studiare, dovrei rispondere ai messaggi, dovrei pulire, dovrei fare la spesa, dovrei …dovrei…tra 10 minuti”.

Credo sia normale concedersi un po’ di sana noia ma sono il tipo di persona che non si annoia mai, nemmeno quando sta ferma.

Ho persino rifuggito l’ascolto della musica quando in realtà sapevo mi avrebbe fatta stare meglio.

Il fatto è che talvolta è così facile crogiolarsi nel proprio malessere e tutto il resto sembra così dannatamente faticoso.

Ma pur essendo un individuo a se stante ho degli affetti a cui non posso negare il mio benessere perché infondo siamo tutti collegati e sono consapevole che la loro tranquillità dipende in parte da me. 

Non si tratta di forza, nemmeno di responsabilità, ma banalmente di amore credo.

Continuerò a sentire la mancanza di mio padre ma utilizzerò la sua fotocamera allo sfinimento.

Soffrirò la nostalgia di Tokyo fintanto che non potrò partire ma fino a quel momento ho i miei adorati libri e la musica, posso leggere, recensire e viaggiare con la mente.

Devo riprendere a studiare giapponese, non “da lunedì” ma da adesso. No, non devo: voglio.

Così come voglio riprendere a mangiare nella maniera in cui mi fa sentire davvero meglio.

Prendermi cura di me e volermi bene perché lo merito, e lo merita chi mi sta intorno, persone vicine ma anche clienti e conoscenti, partner lavorativi e persone con cui mi relaziono anche solo per bere un caffè al bar.

Con i miei tempi, i miei ritmi, non sarà mai quella che si alza la mattina presto per seguire una tabella di marcia serrata, non sono nemmeno in grado di ottimizzare i tempi e ho costantemente bisogno delle mie pause sigaretta.

Vorrei anche sistemare questo blog in modo che i vari post siano più facili da individuare ma non credo di esserne in grado, non da sola almeno…. La tecnologia ed io viaggiamo su due binari paralleli che difficilmente si incontreranno in questa vita, sono una di quelle che ha un IMac ed un IPhone perché sono rosa ma ne sfrutta una percentuale esigua del loro potenziale. 

Una cosa alla volta, convivendo con le soddisfazioni e la malinconia che fanno parte del mio essere viva. 

Lo Studio Alta sarà ancora davanti ai miei occhi un giorno e so già che si colmeranno di lacrime suscitando l’ilarità di chi sarà con me in quel momento. Pazienza, io sono quella che piange ai concerti.

Piango anche con i videogiochi, a settembre uscirà Lost Judjment e sto già covandolo!!

Credo che questo post sia il risultato di un connubio voce (di Yukiya Fujita ovviamente) e ice coffee (ho finalmente trovato un posto a Milano dove lo fanno esattamente come piace a me)

“Forse dovevi continuare a non ascoltare l’uomo nero così ci evitavi questo pippone”. 

Domani posterò la recensione di “Le Bugie del Mare”.

Mi rimangono ancora 4 giorni di vacanza ed ho intenzione di gustarmeli appieno!

La Fabbrica – Oyamada Hiroko

Prima lettura di queste vacanze estive, non conoscevo l’autrice prima di questo romanzo e ne sono rimasta piacevolmente colpita.

Me la sento di suggerirlo non solo a chi si appresta a muovere i primi passi nel mondo del lavoro, ma anche a tutta quella fascia di mezzo troppo “adulta” per talune posizioni o troppo inesperta per altre, a tutti coloro i cui genitori hanno ripetuto per anni “se ti prendono lì sei a posto per la vita”.

A tutti coloro che hanno scoperto le agenzie interinali al loro sbocciare e ne sono rimasti incastrati ancora oggi dopo 20 anni.

Che cosa vuol dire essere un precario?

Quante volte ci siamo sentiti solo un piccolo ingranaggio senza nome all’interno di un processo più vasto? E se questo processo del quale non vediamo né confini né fine non ci mostrasse nemmeno il suo obiettivo produttivo?

Una ragazza dalle 9 del mattino alle 17,30 distrugge documenti avvalendosi di una macchina trita fogli. E’ facile, non serve pensare, non occorre preparazione, indossa il grembiule e infila i fogli, quando terminano ne arriveranno degli altri. “Si prega di non dire a nessuno a quale reparto è stata affidata ed in cosa consiste esattamente la sua mansione, contiamo sulla sua professionalità”.

Un ragazzo viene assunto come correttore di bozze, chiuso nel suo quadrato senza contatto con il resto dei colleghi, la sua penna rossa per le annotazioni, le ore si susseguono l’una dopo l’altra senza comprendere il senso di quello che passa sulla sua scrivania, le bozze talvolta si ripetono, altre sono già state corrette; “fallo con attenzione ma se sbagli qualcosa non è poi così grave, comunque firmali dopo la revisione”.

Un ricercatore viene improvvisamente allontanato dall’università presso la quale opera per essere assunto nella tanto agognata fabbrica, dove ha un dipartimento solo per lui, senza colleghi, senza superiori, senza indicazioni “sappiamo che ci può volere del tempo, ma contiamo su di lei e siamo certi che sia la persona adatta, non si preoccupi, non le corre dietro nessuno, potrebbero servire anni”. Si, ma cosa devo fare?

La Fabbrica è enorme, una città con un fiume, parchi, giardini, vegetazione e fauna a se, un ponte dal quale non si scorgono l’inizio e la fine dello stesso. Uccelli neri più grandi dei corvi che non volano, lucertole che abitano le lavanderie e nutrie onnivore dalle dimensioni di esseri umani.

La morte delle ambizioni in favore di una tranquillità che cancella il pensiero e l’arbitrio mentre si strizza l’occhiolino a Kafka senza rivelarvi segreti tra le righe.

Talvolta un presagio ci sfiora, c’è un mistero da svelare, oppure no? Dobbiamo semplicemente accettare come verità quello che di pagina in pagina viene raccontato dai tre protagonisti?

La lettura è scorrevole, i personaggi umani e credibili, personalmente l’ho apprezzato e letto volentieri, spero vivamente che traducano presto altro di Oyamada che con questo testo ha vinto il prestigioso premio Shinzo per i nuovi scrittori.

SBN: 978-88-545-2217-6

Collana: Bloom

Pagine: 208

Tradotto da: Gianluca Coci

Prezzo: €18,00

Tokyo Soup – Ryu Murakami

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Se non temete un pugno nello stomaco, immagini forti e riflessioni disturbanti ma oneste sull’animo e la psiche umana: allora va bene, lasciatevi accompagnare da Kenji per le notti di Kabukichou, il distretto dell’intrattenimento a luci rosse (ma non solo), di Shinjuku

Kenji è un giovane ventenne che lavora come guida turistica (senza licenza) nei quartieri a luci rosse di Tokyo. La sua mansione consiste nell’interpretare ed assecondare i desideri dei suoi clienti, in modo tale da poterli accompagnare laddove costoro potranno trovare la soddisfazione dei loro istinti.

A sole tre notti dal Capodanno viene assunto da Frank, un turista americano come tanti se ne vedono, come tanti alla ricerca di sesso ed esperienze esotiche eppure…. fin dal principio Kenji sente qualcosa che non va, non si tratta di un evento od un atteggiamento particolare, nè di una frase o un atteggiamento insolito; tuttavia qualcosa nel nuovo cliente inquieta Kenji. Si tratta solo di paranoia date dal tipo di lavoro ed il naturale atteggiamento verso gli stranieri?

Non c’entra nulla il cadavere fatto a pezzi di una studentessa ritrovato poche sere prima, perchè mai Kenji dovrebbe associare un normale cliente ad un omicidio così efferato? Si tratta solo di un turista dopotutto, e la ragazza trovata a brandelli stava praticando “Enjou Kosai” (una forma di prostituzione particolarmente diffusa tra le giovani giapponesi) per cui nemmeno i media hanno indugiato troppo sulla notizia.

Non c’entrano le banconote sporche di sangue con le quali Frank, il nuovo cliente, paga in uno dei bar. La pelle levigata, lo sguardo annoiato, quella luce nello sguardo che talvolta pare spegnersi come un black out improvviso. Le piccole contraddizioni nei racconti di Frank non sono poi così importanti, dopotutto è un turista e sta pagando: può raccontarsi come preferisce, chi è mai Kenji per giudicarlo fintanto che paga?

Eppure il senso di disagio e paura cresce nella mente della voce narrante e nel lettore, pagina dopo pagina, l’inquietudine che qualcosa di tremendo ed irrimediabile stia per accadere diventa sempre più palpabile.

Si tratta davvero soltanto di paranoia?

Tokyo Soup non è soltanto un racconto giallo violento e brutale di quello che può accadere nelle notti di Shinjuku: è un viaggio ed una riflessione sulla la società giapponese da un punto di vista critico ed arrabbiato eppure rassegnato.

L’importanza delle tradizioni nonostante la miriade di priorità moderne, ed il fatto che esse persistano radicate nella coscienza di ogni individuo giapponese indipendentemente dal suo stile di vita non possono non affascinare. La descrizione dei suoni del capodanno, così come il profumo della zuppa di miso sarebbero normalmente fuori contesto in un libro del genere, eppure il tutto si amalgama in maniera coerente.

 

I soli 3 libri di questo meraviglioso autore pubblicati nella nostra lingua non solo sono fuori ristampa, ma introvabili e particolarmente costosi sul mercato dell’usato.

Tuttavia se li avete in qualche su qualche mensola dimenticata della libreria, se vi capita di intravederli in qualche negozio o bancarella non lasciateveli sfuggire, o quanto meno date loro una possibilità.

Tokyo Soup l’ho trovato usato su Amazon.it, se conoscete l’inglese non sarà invece particolarmente arduo procurarselo.

Infine, mi sento di consigliarlo caldamente a chiunque apprezzi la regia di Takashi Miike: Audition per esempio è tratto proprio dall’omonimo libro di Murakami.

 

Credits:

Fuori catalogo – Non ordinabile

  • Editore: Mondadori
  • Collana: Strade blu
  • Traduttori: Tashiro K., Bagnoli K.
  • Data di Pubblicazione: aprile 2006
  • Pagine: 232

 

Pochi giorni alla partenza

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Controllo sempre la scadenza anche se dovrei sapere che mancano diversi anni!

 

I giorni che precedono la partenza sono sempre intrisi di mille cose da fare… Ogni volta mi dico che non serve agitarsi, che andrà tutto bene e che se anche dovessi dimenticare qualcosa non mi sto recando su di un’isola deserta bensì in una megalopoli quale Tokyo.
Nonostante le raccomandazioni mi ritrovo comunque in stato di agitazione.
Le giornate si infittiscono di impegni pre e post lavoro, se deve capitare un imprevisto è certo che sarà in questi giorni.
A breve andró a stampare tutte le informazioni importanti di viaggio, dopodiché ho incastrato il parrucchiere (molte donne lo amano, per me è un supplizio, odio i posti in cui sai quando entri ma non quando e come ne uscirai), una seduta dall’estetista, una visita a mia madre (la quale ieri aveva urgenza che le prenotassi un volo per domenica), un incontro con la mia amica del cuore (che gentilmente mi presterà una valigia comoda che preparerei forse domani). Sempre oggi occorre fare un salto in farmacia, ho la prescrizione medica di farmaci senza i quali non potrei nemmeno avvicinarmi all’aeroporto, me lo dico da una settimana ma quando ho i soldi con me non trovo farmacie aperte…e quando non ne ho ovviamente si.

Segue il cambio di portafoglio, lasciare le cose inutili qui ed accertarsi di avere le carte giapponesi ed il passaporto al sicuro.

Ogni tanto butto un occhio all’agendina e controllo lo schedule, mai come quest’anno il Japan Rail Pass sarà stato così ben ammortizzato, il che significa anche che sarò una trottola da un punto all’altro. Si è aggiunta all’elenco dei posti dove andrò anche Fukuoka. Il motivo principale che mi spinge fin laggiù è un concerto, tuttavia ho appuntato diverse cose da vedere sopratutto la sera.

Tutta l’itinerario per queste due settimane si è parecchio infittito, tra il nuovo Gundam Unicorn in movimento e almeno quei cari amici da salutare si rischia di non riuscire a fare un all night come si deve al karaoke!

Il dilemma odierno, riguardando la lista delle cose da mettere in valigia è: cosa fare con il 3DS? Portarlo o non portarlo? So che pare un aggeggio piccolo e poco ingombrante, ma posso assicurare che la borsa di una donna può arrivare a pesi terrificanti ed ogni piccola cosa assume un peso specifico diverso dal normale.

L’orologio non segna nemmeno le 8 mentre scrivo questo articolo, ma sono al terzo caffè, doccia già fatta e mi appresto a mettermi in moto verso il primo impegno.

Ma: sono la persona più felice del mondo. L’ansia, il batticuore, i pensieri svaniranno presto, forse dovrei smetterci di combattere dal momento che ogni volta si ripete la medesima situazione. Inoltre a fine ottobre partirò nuovamente, si rischia di entrare in un loop che vorrei evitare. Non sono mai partita|ripartita a così breve distanza, ne farò un esperimento personale e vaglierò i miei stati d’animo con curiosità! Chissà, magari il 27 ottobre sarò la persona più tranquilla mai esistita.

Il Giovane Robot

Generalmente in estate leggo sempre molto, tuttavia durante queste vacanze pur essendomi portata almeno 3 libri non sono riuscita a portarne a termine nemmeno uno. Il caldo, i panorami meravigliosi ed i profumi del luogo in cui sono stata mi hanno totalmente distolta da quello che da sempre è uno dei miei intrattenimenti preferiti.

Un paio di giorni fa mi sono recata in Stazione Centrale a prendere la mia migliore Amica che finalmente rientrava in città, nell’attesa sono entrata con aria quasi distratta alla Feltrinelli, non avevo bene in mente il titolo di quello che stavo cercando, ricordavo solo vagamente la casa editrice, quando mi sono imbattuta nella copertina che vedete qui sotto.

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“Il Giovane Robot” di Sakumoto Yōsuke. Edizioni e/o

Subito sono stata incuriosita. Non si giudica un libro dalla sua copertina: corretto. Ma ciò non toglie che sia proprio questa talvolta ad attrarci. Dalla trama non ero riuscita a comprendere se si trattasse di un racconto di fantascienza o qualcosa di differente.

Non ne conoscevo l’autore: Sakumoto Yōsuke, in quarta di copertina è indicato che a 19 anni è stato colpito da una forma di schizofrenia con la quale lotta da anni, ma che ha vinto proprio con questo romanzo un importante premio per autori emergenti.

“Il Giovane Robot” si chiama Rei, veste i panni di uno studente sedicenne ed è progettato per assolvere una missione ambiziosa: portare la felicità agli esseri umani.

Sin dalle prime pagine Rei puntualizza la sua condizione con queste parole:

«Il mio aspetto è quasi uguale a quello umano. Mi rendo conto, però, di essere diverso, perché non provo sentimenti. Se esistessero robot uguali agli umani perfino in questo, come potrebbero avere coscienza di sé in quanto automi?».

Rei non perde mai di vista l’obiettivo per il quale è stato progettato, pagina dopo pagina mi ha accompagnata nella sua quotidianità, sui banchi di scuola, mentre cerca di farsi degli amici non per se stesso ma perchè è così che deve comportarsi per rendere felici i suoi compagni di scuola. E’ studioso e bravo nel ping pong, ma sta attento a non eccedere ovviamente.

E’ di bell’aspetto, riscuote persino un discreto successo con le ragazze, cio nonostante sa fin da subito che non possono esserci relazioni tra gli esseri umani ed i robots. L’impegno che impiega da quando si “accende” è lodevole, un perfetto adolescente giapponese.

E’ tutto qui? La storia già vista e letta in decina di libri, film, manga, serie tv? Il robot che magari può iniziare a provare qualcosa?

No. Non è affatto tutto qui.

Ho terminato la lettura in due giorni, emozionandomi come il protagonista non avrebbe potuto fare (dal momento che non può provare nulla, giusto?). Tuttavia riga dopo riga, pagina dopo pagina gli strati di lettura si moltiplicano, il punto di vista viene allargato, il sorriso iniziale, pur non abbandonandomi totalmente si è trasformato in apprensione.

Rei si trova a dover fare i conti con la complessità dei fragili equilibri che costituiscono le relazioni di qualsiasi natura esse siano; le situazioni inattese si innescano pur impegnandosi al massimo e faranno si che le domande che egli si pone prima di “spegnersi” ogni sera per il riposo di cui necessita siano sempre più simili a quelle degli esseri umani.

Fin dai primi capitoli ci si chiede chi sia quell’uomo dai vestiti sporchi e con un berretto di lana che pare sorvegliarlo da lontano, quando rientra a casa. Che si tratti di qualcuno a conoscenza della sua natura nonostante le attenzioni di Rei nel tenerla segreta?

Mi piacerebbe poter raccontare altro, ma mi rendo conto che non sarebbe corretto. Lo consiglio vivamente a chiunque voglia intraprendere una lettura scorrevole ma non banale. Lo stile narrativo è semplice e adatto a tutti. I temi trattati, così come la storia, ci riguardano indipendentemente dalla nostra età e da quanti anni abbiamo terminato la scuola: proprio perchè di animo umano si tratta.

Uno spaccato della società giapponese già sovente definita “robotica” per i suoi atteggiamenti e rettitudine, quanto bisogna essere perfetti per integrarsi e sopravvivere?

Sakumoto Yōsuke è dotato di una  sapienza narrativa che nella sua semplicità riesce a conciliare non solo i sentimenti, ma anche i drammi dell’esistenza con quel pizzico di humour collocato sempre al posto giusto, mai forzato o esagerato. E’ una sensibilità e delicatezza  tipica di alcuni autori Nipponici, che qui ho ritrovato piacevolmente.

Spero di cuore di poter leggere presto una nuova opera di questo scrittore.

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Quarta di Copertina

 

 

Credits: “Il Giovane Robot” di Sakumoto Yōsuke. Edizioni e/o

Sito casa editrice dedicata al libro dove è possibile acquistare l’edizione brossurata ed in formato ebook:  https://www.edizionieo.it/catalogue/reply/faa7a2a62f8e773007b2216dc9463250/p1